«Mi preoccupa la deriva di ultradestra della Lega», ha detto Luigi Di Maio, capo politico del Movimento Cinque Stelle. Concetto ribadito ieri, ce ne fosse bisogno, al giornale tedesco Die Welt: “Siamo lontani da Orban e non stiamo con le forze negazioniste e anti-europeiste come Afd o altri”. Che sia tattica o meno, è tutto molto bello: Di Maio sconfessa in un colpo solo il suo alleato di governo, l’anti-europeismo ancestrale del Movimento, la deriva anti-sistema e anti franco-tedesca di Di Battista. Non serve una laurea in dietrologia per capire perché: il buon Luigi ha capito che in Europa vincerà l’alleanza tra il blocco popolare e quello socialista, che la rivoluzione che auspicava solo qualche mese fa – “Questa Europa tra sei mesi è finita” – è rimandata, che se vuole governare a Roma e a Bruxelles tocca tornare amici di Merkel, Macron e Juncker.
Non è solo tattica, tuttavia. Non può esserlo. Perché questa giravolta porta anche un’ulteriore novità semantica. Per la prima volta, da che ci ricordiamo, Di Maio parla di destra senza negarne l’esistenza. Ricordate, no? Fino a ieri era tutto un “destra e sinistra non esistono più, lo diciamo da anni e oggi ne abbiamo la prova”, “Pci e Msi avrebbero votato assieme il reddito di cittadinanza perché erano entrambi dalla parte dei più deboli”, “Tra noi c’è chi porta avanti i valori della Dc, di Berlinguer e di Almirante”.
Oggi, improvvisamente, l’ultradestra esiste, è preoccupante ed è Salvini. Bene, ne prendiamo atto. Ma prendiamo atto pure che il Movimento Cinque Stelle ha portato questa ultradestra preoccupante al governo. E prendiamo pure atto che, facendo questo, ha compiuto una scelta di campo piuttosto netta: quella di un partito di destra che ha avallato provedimenti di ultradestra: se il reddito di cittadinanza è inaccessibile per gli stranieri, è roba più da Almirante che da Berlinguer, no? Se si chiudono i porti a donne e bambini che arrivano dall’inferno libico, tirandosi addosso gli strali del papa e dei vescovi è difficile passare per gli eredi di De Gasperi. Così come del resto se si liberalizzano le armi e si cancella dal codice penale l’eccesso di difesa, per permettere agli spaventati cittadini di sparare a delinquenti disarmati o in fuga. Tutto questo, caro Di Maio, è quell’ultradestra di cui parli. E aver votato quei provvedimenti, vi piaccia o meno, fa di voi una realtà del tutto simile alle destre alla Orban o alla Kaczynski che tanto temi.
Se a quelle parole, dette e ribadite, Di Maio volesse essere davvero consequenziale, dovrebbe rispondere a qualche altra piccola domanda: se Salvini è ultradestra, il Movimento Cinque Stelle che cos’è? E se non è un partito di destra, cosa ci fa al governo con l’ultradestra? Ma soprattutto, davvero un Movimento politico può pensare di stare in maggioranza in Italia con la Lega e in Europa con Merkel e Macron? Ancora: e se in occasione della prossima legge di bilancio Salvini minacciasse ancora lo sforamento di tutti i parametri e l’uscita dall’Euro che farebbero Di Maio e il Movimento? Gli andrebbero dietro come cagnolini o no?
Non sono questioni banali. E ci dispiace, non ci arrendiamo all’idea che si possa giocare così impunemente con la politica tanto da poter dire e fare tutto e il contrario di tutto dalla sera alla mattina, a seconda delle convenienze del momento e dell’umore degli elettori. “In Italia ci avrebbero fatto bene più politici come la Merkel”, ha detto a Die Welt. Ecco, cominci lui, già che c’è.
https://www.linkiesta.it/it/article/2019/04/06/di-maio-ultra-destra-salvini-merkel-intervista-die-welt/41713/