Oggi Luigi Di Maio sarà in Libia per la prima volta da ministro degli Esteri, in un contesto sempre più teso sul terreno e sempre meno influenzabile da parte dell’Italia. Succede, se da mesi si è sprovvisti di una strategia coerente. «L’obiettivo è il cessate il fuoco e cercare di dare un vero avvio alla conferenza di Berlino», ci dice una fonte diplomatica, ripetendo quanto da mesi filtra dalla Farnesina: l’Italia sostiene che la situazione può essere risolta soltanto con un accordo politico.
Peccato che non sia ancora chiaro come raggiungerlo, visto che i contendenti combattono quotidianamente, la Russia è sempre più impegnata a sostegno di Khalifa Haftar, generale che controlla la Cirenaica, e la Turchia a sostegno di Fayez al Serraj, che presiede a Tripoli il governo riconosciuto dalla comunità internazionale. Domenica pomeriggio il primo ministro libico ha incontrato ad Ankara il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, con cui ha discusso di questioni molto pratiche: un aiuto militare per puntellare le difese tripoline contro la nuova offensiva annunciata da Khalifa Haftar. L’incontro arriva a conclusione di un mese di trattative, culminate nella firma di un Memorandum di intesa che modifica i confini delle rispettive acque territoriali, prevede al suo interno anche aiuti militari, se richiesti da Tripoli, e un’avanzata cooperazione in termini di difesa e intelligence. L’accordo permette ai libici con meno di 16 anni e più di 55 anni di poter entrare in Turchia senza visto. Ieri pomeriggio, secondo la rete Al Arabiya, la Turchia ha cominciato a inviare a Tripoli nuove forze speciali e nelle prossime ore il parlamento turco ratificherà l’intesa: «Il fatto che alla Farnesina ci si sia resi conto di questa accelerazione nei rapporti tra Turchia e Libia soltanto a cose già ampiamente concluse è un chiaro segno di quanto stiamo perdendo il polso della situazione», ci dice un diplomatico molto esperto di Libia.
La visita di Di Maio nasce in tutta fretta dalla necessità di riprenderlo, e dalle pressioni di Giuseppe Conte, che questo weekend si è riunito con Angela Merkel ed Emmanuel Macron proprio per coordinarsi nella gestione del dossier. Sul programma di Di Maio c’è il massimo riserbo, e anche alla Farnesina fino a ieri sera non tutti erano al corrente della sua agenda, che è stata decisa di concerto con Palazzo Chigi e con i servizi di intelligence. Oltre agli incontri con Fayez al Serraj, primo ministro libico, e Ahmed Maitig, vice primo ministro, Luigi Di Maio dovrebbe andare anche Cirenaica per incontrare il generale Khalifa Haftar.
Ci si chiede cosa dirà Di Maio al comandante dell’esercito che assedia Tripoli dallo scorso aprile e considera la presenza italiana in Libia come ostile. Nella città di Misurata, principale sostenitrice libica del premier Serraj, l’Italia possiede un presidio rilevante: un ospedale militare con oltre 300 soldati a protezione. Per Haftar questo spiegamento di forze, peraltro poco visibili, molto disciplinate e attente a non creare tensioni, è un affronto personale: più volte i suoi bombardamenti hanno colpito edifici poco distanti da dove sono acquartierate le nostre truppe. Un chiaro segno di sfida. Inoltre, poche settimane fa, le milizie di Haftar hanno abbattuto un drone italiano in circostanze ancora da definire; il generale libico ha rivendicato l’attacco, mandando così un ennesimo messaggio politico a Roma.
Su tutto questo Luigi Di Maio è sembrato in confusione. Venerdì 6 dicembre, prima di incontrare a Roma il suo omologo russo, Sergej Lavrov, aveva detto di essere al corrente della presenza di mercenari stranieri sul terreno. Subito dopo ha detto di non poter confermare la stessa notizia riguardo mercenari russi, molto attivi nel sostenere l’avanzata di Haftar. Il giovedì successivo ha di nuovo cambiato idea, intervistato da Corrado Formigli a Piazzapulita, e ha risposto che l’Italia è consapevole dell’impegno russo sul terreno. Qual è la versione ufficiale?
Una confusione che si spiega, ci dice una nostra fonte, con le difficoltà del ministro a padroneggiare la materia: «Luigi Di Maio studia molto, nei limiti del tempo che dedica agli affari esteri. E soprattutto la Farnesina ha ancora la capacità di preparare a fondo gli esponenti politici nelle dichiarazioni ufficiali: i comunicati, le conferenze stampa, le domande impreviste. Poi certo, non si può controllare tutto, e a volte il ministro deve fare da sé. E può commettere errori». Visto che in Libia la guerra tra poche centinaia di milizie irregolari è molto vicina a trasformarsi in un gioco che coinvolge le grandi potenze, come accaduto in Siria, si spera che Di Maio impari in fretta.
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