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E anche sulla scuola il Pd si adegua alle direttive grilline

«Spero in un ravvedimento operoso del Partito democratico nel rapporto con il Movimento 5 Stelle. Ci vuole un partito che faccia pesare le proprie idee, non che dica sì a qualunque cosa propongano i nostri alleati». Matteo Orfini, deputato ed ex presidente dem, non nasconde l’avvilimento su una questione che per settimane ha fatto litigare l’esecutivo. Il decreto scuola, con una serie di norme sulla chiusura dell’anno scolastico e sul reclutamento degli insegnanti, è approdato alla Camera dopo un accordo trovato faticosamente con la mediazione del premier Conte per il concorso straordinario di 32 mila docenti precari. Rinviato a data da destinarsi, non sarà a crocette.

La fase due è ripartita un po’ per tutti.  Hanno riaperto pub e ristoranti, centri sportivi e parrucchieri. Non la scuola però, che si conferma il vero tabù per l’esecutivo, alle prese con regole difficili da attuare. Se i presidi protestano e gli insegnanti si arrangiano con la didattica online, i genitori chiedono chiarezza mentre degli studenti parlano in pochi. Servono molti soldi, oltre a un progetto organico che ancora ufficialmente non si vede.

Oltre alle manifestazioni di prof e mamme in piazza, in queste settimane è emersa anche un’insofferenza diffusa nel Partito Democratico proprio verso il ministro dell’Istruzione a Cinque Stelle. Il nome di Lucia Azzolina, approdata a viale Trastevere cinque mesi fa, era finito pure al centro di un ipotetico rimpasto. Per ora hanno prevalso le ragioni di governo.

Ma sulle cattedre, le polemiche continuano. Orfini attacca: «Vince un atteggiamento per cui il precariato sarebbe colpa dei docenti e non una situazione di sfruttamento da parte dello Stato che si protrae da anni. Questi insegnanti hanno retto la scuola e adesso per loro si profila un concorso che non considera quello che hanno fatto prima».

Il deputato democratico ha presentato una serie di emendamenti, tutti bocciati, per rivedere il sistema di reclutamento dei professori. Il governo aveva fretta di ratificare il decreto scuola, che dev’essere convertito in legge entro il 6 giugno. «È passata la linea Azzolina con il consueto appiattimento del Pd. Intanto i sindacati hanno deciso di scioperare l’8 giugno e questo non è certo il modo migliore per chiudere l’anno scolastico».

I dem, d’altronde, sostengono che una mediazione sul tema è discussa e trovata in Consiglio dei ministri, non c’è ragione di trasformare l’esame del decreto in Parlamento in un’ennesima occasione di litigio.

Anche il deputato del Gruppo Misto, Alessandro Fusacchia, ex capo di gabinetto del ministero dell’Istruzione, è critico nei confronti del governo: «Servono prove che valutino la capacità di insegnare e di tenere una classe. Oggi invece lo Stato non concede un’opportunità, ma la possibilità di mettersi in fila, a seconda delle pressioni e delle convenienze». Le sensibilità in maggioranza sono molte, forse troppe. «La scuola può essere la ciliegina sulla torta di tante tensioni per il governo», racconta Fusacchia a Linkiesta.

«Abbiamo passato la giornata di lunedì in Commissione alla Camera a ratificare un decreto che riguarda i concorsi e i docenti, tra chi chiede una sanatoria per i precari e chi vuole un concorso, ma la discussione su come si riaprono le scuole quando la facciamo? Perché non parliamo di molti studenti che in questi mesi sono diventati invisibili e non sono apparsi nemmeno sugli schermi della didattica online?»

Nei giorni scorsi sono state diffuse le linee guida del Comitato Tecnico-Scientifico per le scuole: ingressi scaglionati, classi meno affollate, ore di lezione più brevi, oltre a mascherine e distanziamento. «Con queste regole la scuola rischia di non riaprire», hanno avvertito numerosi dirigenti scolastici da Nord a Sud. Bisogna adeguare gli istituti, comprare il materiale per le sanificazioni, risistemare gli spazi esterni, acquistare i tablet. E poi servono molti insegnanti, per coprire lo spacchettamento delle classi. C’è chi prevede «una barca di supplenze».

La ministra dell’Istruzione Azzolina ha annunciato che «la scuola riparte a settembre più forte di prima». Eppure i dubbi restano molti. E le paure degli addetti ai lavori aumentano. Per ora l’unico risultato ottenuto dal governo, in particolare dalla viceministra Anna Ascani, è stato consentire agli studenti di incontrarsi all’aperto per festeggiare l’ultimo giorno di scuola. Senza sapere però come si ritroveranno il primo, quando a settembre tutto dovrebbe tornare alla normalità.

E anche sulla scuola il Pd si adegua alle direttive grilline

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