No, le organizzazioni non governative non sono taxi del mare in combutta con gli scafisti per portare i migranti in Italia. E no, quello di Riace non è un modello criminale che merita di essere escluso d’arbitrio dal circuito dell’accoglienza. Probabilmente non serve a nulla dirlo, ora che il popolo ha già emesso le sue condanne. Però vale la pena ribadirlo, nero su bianco, che sette giorni fa la procura di Catania guidata dal procuratore Carmine Zuccaro ha archiviato le indagini su Open Arms e che fino ad oggi non c’è inchiesta sulle Ong che non si sia conclusa con un nulla di fatto.
E che allo stesso modo, giusto ieri, il Tar della Calabria ha accolto il ricorso del vice sindaco di Riace contro il provvedimento del ministero dell’Interno che aveva escluso il Comune calabrese dal circuito dell’accoglienza dei migranti, in seguito all’arresto del sindaco Mimmo Lucano, anch’esso peraltro avviato a una veloce archiviazione.
Sono due casi paradigmatici, questi. Perché è la criminalizzazione del sistema di salvataggio e di accoglienza è stata una delle principali armi con cui Salvini ha costruito il proprio enorme consenso nel Paese e ha imposto la sua agenda politica – dai porti chiusi al decreto sicurezza che cancella i bandi Sprar – una volta al potere. Ecco: oggi sappiamo che dietro a quella criminalizzazione non c’era nulla, che dietro alla costante opera di demolizione verso i nemici politici numeri uno – chi salva i migranti in mare e chi prova a integrarli nella società locale – non c’erano che vuote delazioni, che la montagna di fango riversate addosso agli eroi-della-sinistra-che-fanno-i-soldi-sulla-pelle-dei-migranti erano false come una banconota da quarantanove euro.
Da Salvini non ci aspettiamo ritratti le accuse e chieda scusa, sia mai. Anzi, siamo abbastanza certi che continuerà a parlare di taxi del mare e di Mimmo Lucano come di un pericoloso criminale. Ci piacerebbe, semmai, che Luigi Di Maio o qualcuno a caso tra i leader del Movimento Cinque Stelle – quelli che oggi temono la deriva di ultradestra della Lega, con cui governano da un anno – proferisse parola, anche solo per chiedere scusa. Perché a coniare la definizione delle Ong come taxi del Mediterraneo è stato proprio Luigi Di Maio, in post su Facebook del 21 aprile del 2017. E perché non è stato Salvini a dire di Lucano che bisognerebbe «evitare di enfatizzare dei modelli quando poi finiscono arrestati», bensì, ancora una volta, il capo politico del Movimento Cinque Stelle, lo scorso 3 ottobre, al Forum del Terzo Settore.
Basterebbero quattro sillabe: scusateci. Perché se oggi siamo qui, con la Lega al 30% e un Paese intero che crede ci sia un complotto umanitario per far invadere l’Italia da giovani stranieri che danno fuoco alle caserme e che questo avvenga con l’acquiescenza, se non con il peloso sostegno di un “esercito dei buoni” che si riempie le tasche di soldi grazie al sistema dell’accoglienza è anche per merito di chi, in questi mesi, ha retto il moccolo a Salvini e ai suoi, convinti che mettersi contro la deriva securitaria del Capitano fosse una pessima scelta di marketing.
In politica vale tutto, sia chiaro, e di fronte a un elettorato privo di memoria si possono fare giravolte meravigliose. Però oggi vale la pena ricordarlo, che se la destra è diventata culturalmente egemone in Italia, se Salvini è al governo, se il decreto Salvini è legge è anche grazie ad accuse fasulle, a sentenze preventive e all’ignavia di chi ha lasciato che fosse, per sete di potere o per liberarsi di qualche avversario politico. Complimenti, vivissimi.
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