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Fioramonti, il prof di Pretoria che voleva tassare le merendine

l’addio del ministro

Esponente dell’ala sinistra del m5s, si è sempre battuto per dare più fondi alla scuola. Sua la proposta della tassa sugli snack

di Andrea Marini

26 dicembre 2019


Fioramonti si dimette: chiedeva tasse di scopo per finanziare la scuola

3′ di lettura

Lorenzo Fioramonti, 42 anni, nato a Roma, si è dimesso dalla carica di ministro dell’Istruzione dopo la polemica sui pochi fondi all’università e alla scuola. Ora il suo destino sembra essere lontano dal M5S: va verso il Gruppo Misto della Camera insieme ad altri onorevoli del M5S, ma sempre a sostegno del premier Conte. Collezionatore di gaffe per i suoi avversari, la sua carriera politica nasce come fedelissimo di Luigi Di Maio, che prima delle elezioni politiche del 2018 lo aveva presentato come candidato al ministero dello Sviluppo economico dell’ipotetico governo M5s. Esponente dell’ala sinistra del movimento, si è sempre battuto per dare più fondi alla scuola. Ma la sua iniziativa politica è passata anche per proposte controverse, come quella della tassa sugli snack.

Gli studi a Pretoria
Laureato a Tor Vergata a Roma, professore ordinario di economia politica presso l’Università di Pretoria, prima delle politiche del 2018, aveva accompagnato Luigi Di Maio a Londra, dove il leader M5S si era recato per accreditarsi presso gli investitori internazionali. La sua carriera politica inizia con Di Maio che lo candida nel ruolo chiave di ministro dello Sviluppo economico. Ma quando nasce il governo giallo-verde, a giugno 2018, sarà Di Maio a ricoprire quell’incarico, mentre Fioramonti finirà all’Istruzione, prima come sottosegretario e poi promosso a viceministro.

L’accusa di essere contro Israele
Poco prima di entrare a far parte del governo M5S-Lega, Fioramonti finisce già nel mirino di Pagine ebraiche 24, quotidiano dell’ebraismo italiano edito dall’Ucei (Unione delle comunità ebraiche italiane). L’accusa è di aver «in passato sostenuto la campagna d’odio e boicottaggio contro Israele». La replica di Fioramonti, che parla di «strumentalizzazioni»: «Non ho mai sostenuto e non sostengo tutt’oggi alcun boicottaggio nei confronti di Israele».

Più risorse all’università
Da subito il professore si batte per dare più risorse alla università. Tanto che a giugno 2019 arriva la prima minaccia di dimissioni: «Chiediamo un miliardo in più per ricerca e università. Se non lo avremo mi dimetto». Ma Fioramonti non si dimette, anzi. Quando si rompe l’intesa M5S-Lega e nasce il nuovo governo giallorosso, lui viene promosso ministro dell’Istruzione. L’alleanza M5S-Pd gli è più congeniale, tanto che il professore si scaglia contro «l’economia del Pil» e definisce il M5S una «forza progressista». Da qui la sua difesa dell’integrazione dei migranti e dello Ius Culturae («è una buona idea»), fino alla sua difesa della scuola «laica, senza esporre simboli in particolare». Una frase, quest’ultima, vista come un attacco al crocefisso in aula e criticata anche dalla Cei.

La tassa sugli snack
Fioramonti al centro di polemiche? «Sono portatore di un nuovo modo di pensare» è la sua risposta. Di sicuro fa discutere la sua proposta di «tasse di scopo su merendine e voli per racimolare fondi» da destinare alla scuola e università. «Tassiamo i consumi che fanno male alla società», afferma. Contrario ai bonus merito e a favore della stabilizzazione dei precari, Fioramonti finisce ancora nell’occhio del ciclone quando annuncia che giustificherà i ragazzi che partecipano allo sciopero del clima («ecologia e ambiente» vanno insegnati a scuola, dice).

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