Ecco quindi la prima falla nella dichiarazione sotto esame: non è esatto affermare che i Veneti non pagano per nulla l’addizionale all’Irpef. E se la candidata della destra Borgonzoni volesse abolirla, come promesso in campagna elettorale, dovrebbe trovare in altra parte del bilancio (ossia riducendo delle spese o aumentando altre entrate) il finanziamento corrispondente per la sanità. Giova ricordare che l’aliquota base dell’addizionale regionale all’Irpef rappresenta la quota di gran lunga preponderante dell’intero gettito dell’addizionale.
L’addizionale in Veneto…
Dopodiché, le regioni ordinarie hanno facoltà di maggiorare l’aliquota di base fino a 2,1 punti percentuali, mentre quelle a statuto speciale e le province autonome fino a 0,5 punti. Ma c’è di più: le regioni possono anche adottare una pluralità di aliquote crescenti applicate ai medesimi scaglioni di reddito stabiliti per l’Irpef e possono disporre detrazioni di imposta e misure di sostegno economico diretto (se non sono impegnate in piani di rientro dal deficit sanitario). È in questi dettagli che il diavolo nasconde la sua coda: il Veneto, per esempio, ha scelto di adottare dal 2011 un’aliquota unica (in effetti, una flat tax) pari all’aliquota di base: 1,23 per cento. Non è da solo: anche Valle d’Aosta, Sicilia, Sardegna e le province autonome di Trento e Bolzano hanno deciso di applicare l’aliquota unica e di non maggiorarla. Inoltre, il Veneto prevede soltanto un’agevolazione per i soggetti disabili e per i contribuenti con un familiare disabile a carico sotto un certo reddito.
… e in Emilia
Diverso l’assetto fiscale dell’Emilia-Romagna che ha scelto di mantenere la struttura progressiva a scaglioni prevista per l’Irpef e di applicare aliquote crescenti: da 1,33 per cento per i redditi sotto i 15 mila euro (quindi 0,10 punti sopra l’aliquota di base) a 2,33 per cento per quelli sopra i 75mila, per finanziare interventi addizionali nel campo socio-sanitario.
Pietro Senaldi non è il primo a sostenere che in Veneto non ci sia l’addizionale all’Irpef. Lo stesso governatore Luca Zaia ha più volte rivendicato per il Veneto il primato di regione “tax-free”. Ma gli slogan per loro natura non raccontano mai tutta la verità: anche in Veneto si paga un’addizionale all’Irpef dell’1,23 per cento, che contribuisce al finanziamento della sanità; è vero che la regione non ha aumentato l’aliquota di base, pur avendone facoltà, ma non l’ha neppure ridotta né tantomeno azzerata.
La sanità in Veneto è migliore?
L’addizionale regionale all’Irpef è una delle fonti di finanziamento del fabbisogno sanitario, ma solo per la parte di gettito determinata dall’applicazione dell’aliquota di base. Questo significa che le manovre fiscali eventualmente attivate nelle singole regioni (come le aliquote crescenti per scaglioni di reddito in Emilia-Romagna) non influenzano i Livelli essenziali di assistenza (Lea), ossia le prestazioni sanitarie di base valutate dal ministero della Salute. Tenendo questo a mente, cosa si può dire della sanità in Veneto e in Emilia-Romagna?
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