Il negoziato con la Commissione Ue è soltanto all’inizio, ma deve viaggiare in tempi rapidi. E, prima di tutto, ha bisogno di trovare una linea comune a Roma. Lunedì sera o al massimo martedì mattina, comunque prima del Consiglio dei ministri già convocato alle 15.30 dell’11 giugno, è atteso il vertice tra il premier Giuseppe Conte e i suoi vice Matteo Salvini e Luigi Di Maio. Vertice decisivo, trapela da Palazzo Chigi, perché Conte sciolga la riserva sulle sue dimissioni ottenendo un mandato pieno a trattare a Bruxelles. E perché si arrivi a una sintesi politica delle diverse priorità.
Lo sforzo da compiere non è piccolo. Perché oggi non c’è ancora un’agenda comune nell’Esecutivo, diviso tra una linea istituzionale incarnata da Conte e dal ministro dell’Economia Giovanni Tria e dichiarazioni più battagliere da parte di Di Maio e Salvini, che non a caso evoca un «tagliando al contratto». Il risultato è che Lega e M5S occupano la scena con flat tax, Tav, autonomia e sicurezza (Lega), salario minimo e aiuti alle famiglie (M5S). Senza trascurare i mini-Bot, che sono un dito nell’occhio alla Ue.
Braccio di ferro sul deficit
L’agenda europea, come i dossier dei principali analisti internazionali, è concentrata invece su tutt’altro. Cioè sul debito, che oltre a rappresentare la base per l’attivazione della procedura d’infrazione, è l’oggetto esclusivo degli esami delle agenzie di rating. Tema ben presente a Conte e Tria, che in questi giorni hanno rivisto quasi quotidianamente al ribasso le dinamiche del disavanzo fino a ipotizzare una correzione al 2,1% (dal 2,4% del Def di aprile) grazie alle maggiori entrate tributarie, agli incassi extra dai dividenti pubblici e alle minori spese per reddito di cittadinanza e quota 100. Risparmi che invece Di Maio continua a voler destinare a nuove misure di spesa, a partire dagli aiuti alle famiglie. «Non credo che la differenza sulla finanza pubblica la faccia quel miliardo di euro risparmiato dal reddito», ha detto ai microfoni di Radio24.
Sul fisco divisioni con l’Europa
Dal canto suo Salvini insiste sui suoi cavalli di battaglia «anti-austerità» e sulla necessità di cambiare subito i parametri europei. «L’ho detto agli amici dei Cinque Stelle», ha ricordato. «Tagliare le tasse alle imprese e ai lavoratori è l’unica emergenza in questo Paese, è la prima cosa da fare al Governo». Proprio sulla riforma fiscale è facile vedere la distanza più ampia tra le preoccupazioni europee, la “moderazione” targata Conte-Tria e le ambizioni dei vicepremier, con Di Maio tornato ad allinearsi a Salvini dopo una breve parentesi “responsabile” pre-elettorale. Nelle sue raccomandazioni l’Europa torna a chiedere di rimodulare la pressione fiscale spostando il carico da lavoro e produzione ai consumi. Tradotto significherebbe aumentare l’Iva. Che però nei conti pubblici è già destinata a contenere deficit e debito per 23 miliardi nel 2020, mentre Lega e M5S escludono ogni incremento.
Lo stesso quadro si ripete sulle coperture da cercare per il taglio Irpef: la Lega potrebbe portare al vertice di lunedì la proposta di flat tax evocata da Salvini per i redditi fino a 50mila euro, mentre Conte e Tria, fedeli a quanto appena scritto nel Def, pensano a interventi più graduali che soprattutto non mettano in discussione la riduzione del disavanzo.
Il dossier autonomie
Nella partita tutta politica sul nuovo equilibrio di Governo ha un ruolo chiave il dossier dell’autonomia differenziata, completamente fuori dai radar europei: in fatto di Pubblica amministrazione la Commissione chiede invece di puntare tutto su semplificazione e digitalizzazione. Ma l’autonomia, insieme proprio alla semplificazione, è anche tra le priorità indicate da Conte per la «fase 2». Che contempla pure economia circolare, un Piano nazionale per la ricerca e l’innovazione, programmi straordinari per il turismo e la filiera agroalimentare. Perché, Bruxelles a parte, per andare avanti serve comunque un accordo su una piattaforma minima comune. Ancora tutta da trovare.
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