La pax fra Lega e M5S è finita. O almeno così pare quando, arrivata la sera, un parlamentare salviniano si ferma in Transatlantico e sussurra: «Forse è giunta l’ora…». Di cosa? Dietro quei puntini di sospensione si cela il sentiment del Carroccio, dove ormai si fa di conto e si aspetta il momento opportuno per far saltare il tavolo e monetizzare le percentuali che registrano tutti gli istituti di sondaggi.
«Siamo stufi di queste trattative asfissianti…», taglia corto il leghista. La Lega 2.0 vola al 34 percento, se non addirittura al 35. Sta per concludersi la fase della mediazione, dell’accordo a ogni costo pur di mandare avanti l’esecutivo più pazzo della storia della Repubblica. Non è un caso allora se domenica scorsa Salvini ha voluto ricordare che «noi non abbiamo smesso di lavorare sulla flat tax giorno e notte». E «se con questa manovra siamo già riusciti ad avvantaggiare tantissimi artigiani, partite Iva, commercianti, piccoli imprenditori, nel 2019 vogliamo entrare anche nelle case delle famiglie dei lavoratori dipendenti italiani».
Un chiaro avvertimento agli alleati del M5s. Che infatti non gradiscono l’annuncio in mondovisione di Salvini e respingono al mittente l’offerta con la ministra Barbara Lezzi, immediatamente redarguita dal ministro dell’Interno: «Si occupi del Sud». Eppoi storce il naso anche il leader dei Cinque Stelle Luigi Di Maio che teme il peggio dopo la tornata elettorale del 26 maggio. Tirare la volata alla tassa piatta significa proporre la misura principe del programma del centrodestra scritto con Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni. E di conseguenza tenere caldo il forno con i vecchi alleati, Forza Italia e Fratelli d’Italia.
Raccontano che ,a questo punto della traversata del cambiamento, il Capitano desidera giocare duro e puntare tutte le fiches. Basta insomma con gli accordicchi dell’ultima ora. È già successo con il Tav, con il ddl anticorruzione, con il caso Diciotti, con il reddito di cittadinanza. Ora dalle parti di Salvini intendono cambiare musica. Il nuovo disco dovrà suonare note gradite al tessuto produttivo del Nord, all’Italia del Pil. Da qui la necessità dello sbloccacantieri e degli investimenti fino ad oggi rimasti fermi al palo perché l’esecutivo si è occupato di Quota 100 e reddito di cittadinanza.
E non importa se il Mef fa filtrare che per attuare la flat tax ci vorrebbero circa 50 miliardi. Salvini, in realtà, parla di 12 miliardi. Il ministro dell’Interno e i suoi intendono dare una scossa al sistema, e gettare le basi per una manovra espansionistica costi quel costi. Confidano dalla Lega che se «sarà il caso sfideremo l’Europa». E allora dopo il 26 maggio, data cerchiata in rosso a via Bellerio, potrebbe presentarsi qualsiasi scenario. Di certo, cambieranno i rapporti di forza all’interno della maggioranza Salvini. Si potrà fare un tagliando all’esecutivo e riscrivere il programma di governo.
Insomma, la Lega è stufa della politica del rinvio dell’avvocato azzeccagarbugli Giuseppe Conte, il presidente del Consiglio. Il ministro dell’Interno intende imporre ancora di più la strada che dovrà percorrere l’esecutivo. Mettere sul tavolo provvedimenti per la crescita del Paese. Altrimenti, Salvini andrà a bussare alla porta del Capo dello Stato e gli chiederà il conto. Che significa: palazzo Chigi. Con o senza i grillini. Con o senza Di Maio. Ma sicuramente con quel resta del vecchio centrodestra che a quel punto avrà fatto gli scatoloni e si sarà trasferito in via Bellerio.
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