C’è una grande confusione sotto il cielo del centrosinistra. L’elezione di Nicola Zingaretti a segretario del Partito democratico ha aperto un nuovo scenario sulle possibili alleanze in vista delle europee. Dal ruolo che potranno giocare Carlo Calenda e il sindaco di Parma Federico Pizzarotti al futuro di +Europa, partito nato in occasione delle elezioni del 4 marzo che dopo il suo congresso sta cercando di capire cosa farà da grande. Per capire come deve aprirsi e con quali priorità politiche per diventare quel partito liberal-democratico capace di attrarre una fetta significativa dell’elettorato italiano e contribuire così a influenzare l’Europa e l’Italia nei prossimi anni. Per questo abbiamo intervistato Alessandro Fusacchia, capogruppo di +Europa alla Camera dei deputati, eletto nella circoscrizione estera “Europa” alle ultime elezioni politiche che interviene sul suo lavoro parlamentare, tra scuola, intelligenza artificiale e parità di genere, e sugli scenari verso le elezioni europee.
Mancano meno di 80 giorni alle europee. Come cambia lo scenario con Zingaretti alla guida del PD?
La partecipazione ampia alle primarie del PD e l’elezione di Zingaretti sono una notizia positiva per tutti coloro che si oppongono a questa maggioranza giallo-verde che ogni giorno che passa ci sta facendo scivolare sempre di più. Investimenti non pervenuti, “no” a tutto, il decretone su reddito di cittadinanza e quota 100 con cui impoveriranno ulteriormente le nuove generazioni. Per non parlare di legittima difesa: ieri è stata una bruttissima giornata per un Paese che è considerato “culla del diritto”. Vedremo adesso cosa Zingaretti vorrà fare per le europee, come +Europa lo incontreremo presto. Personalmente vedo male un listone unico, annullerebbe le differenze e non renderebbe riconoscibile il progetto per l’Europa che penso noi dobbiamo proporre agli italiani.
E cosa vede bene, allora?
Un partito aperto che cresce e costruisce una opzione liberal-democratica, e che ha nel Pd di Zingaretti il suo interlocutore principale. +Europa può essere il punto di partenza e ha il potenziale di crescere. A noi sta il dovere di dimostrare che siamo inclusivi e pronti a confrontarci su una agenda di contenuti forti che hanno bisogno di essere veicolati da persone capaci di entusiasmare e convincere gli elettori. Verso le europee e oltre, perché la partita europea più rilevante potrebbe ben essere quella che ci aspetta dopo le elezioni di fine maggio.
Pensa alle politiche?
Nessuno sa quando saranno. Magari a breve, magari no. Ma non c’è dubbio che un futuro governo a guida Salvini, con un centro-destra poco di centro e molto di destra, metterebbe a repentaglio nello scenario post-europee ogni tentativo di far ripartire una agenda europea di integrazione. Una forza politica liberal-democratica sarebbe quindi preziosissima non solo nei prossimi 3 mesi, ma per gli anni a venire.
Ma in questo scenario Calenda non starebbe meglio con voi che con il PD di Zingaretti?
Dove Calenda stia meglio lo deciderà Calenda. Penso comunque che una sua adesione a +Europa avrebbe un impatto non trascurabile e potrebbe generare un effetto sistemico. Cambierebbe la qualità della nostra offerta politica, altri potrebbero unire le forze con la prospettiva di costruire insieme un progetto politico forte, non tante listine di bandiera. Che sono magari affascinanti sulla carta ma sono davvero poco utili in questo delicatissimo momento storico.
Pensa a Pizzarotti?
A Pizzarotti e Pascucci – con cui ho un rapporto molto bello di stima personale e politica – e a tutti gli amministratori locali che hanno aggregato finora. Rispetto le loro interlocuzioni con altre forze di sinistra, ma qui stiamo parlando di un progetto politico ad un livello di ambizione diverso. Non ci possiamo permettere di fare solo testimonianza, dobbiamo lavorare per avere impatto. Tra 3 mesi, anzitutto, per averlo poi nei prossimi anni.
Chi altro ci vedrebbe bene?
I ragazzi di Volt si sono meritati una certa attenzione. Stanno provando a raccogliere le firme per presentarsi da soli alle elezioni europee ma anche qualora dovessero riuscire, difficilmente supereranno la soglia di sbarramento del 4%. Anche a loro va mostrato come, unendo le forze, potrebbero avere impatto e quindi vedere i loro sforzi ripagati.
Quali sarebbero gli elementi principali di questa unione di forze?
Un europeismo senza se e senza ma. Che non vuol dire, però, che l’Europa vada bene così com’è, o che possiamo accontentarci di difendere lo status quo. Serve essere radicali nelle proposte che faremo, mettendo alcuni temi al centro. Le dico il primo: come ripensiamo l’istruzione e il futuro del lavoro nell’era dell’intelligenza artificiale? Alla Camera ho presentato una proposta di legge sull’educazione alla cittadinanza e ieri abbiamo avviato, su mia proposta, una indagine conoscitiva sull’innovazione didattica nelle scuole italiane. E proprio sull’intelligenza artificiale sto parlando con diversi colleghi di altre forze politiche per creare un luogo dentro la Camera di approfondimento e confronto. Perché ci serve una riflessione di altra scala – con una prospettiva sovranazionale – proprio mentre i giallo-verdi smontano l’alternanza scuola lavoro e non fanno nulla contro la dispersione scolastica, né per assicurare che i bimbi tra 0 e 6 anni possano essere accompagnati nella crescita in questa fase di vita così delicata senza far pesare su di loro le condizioni di partenza – la famiglia e la geografia – e consapevoli quindi che è già a quell’età che si decide il futuro di una persona e se l’ascensore sociale di un Paese funziona o meno.
Ma l’Unione europea non si occupa di scuola?
Esiste una naturale dimensione europea anche sul fronte istruzione, per quanto le competenze dell’UE siano ad oggi limitate. Serve spingere per una grande mobilitazione di cittadini europei per arrivare a garantire ovunque, in Europa, il diritto a un’istruzione di qualità si dai primissimi anni di vita, così come una formazione vera lungo tutto l’arco di vita. Pensi a quei lavoratori che oggi hanno 40 o 50 anni e che si troveranno in meno di un decennio in un mercato del lavoro dove, con le loro competenze, saranno semplicemente ridondanti. La sfida di formare i nostri ragazzi al mondo del lavoro di domani è epocale ed è una sfida che accomuna gli adolescenti che vivono a Lisbona, a Lione, a Napoli, ad Amburgo o a Tallinn.
Quali altri punti vede al centro del programma per le europee di +Europa allargata ai Calenda e ai Pizzarotti?
Serve difendere e promuovere lo stato di diritto, perché la tentazione di trumpizzazione o putinizzazione di governi europei è sempre più forte. Dobbiamo far sì che l’ambiente non resti un “settore”, ma che a partire dall’emergenza verde si possa ripensare tutto il nostro sistema economico-produttivo. Poi c’è da sviluppare una fiscalità europea, con una tassazione vera per le multinazionali e con una iniziativa per mettere fine ai paradisi fiscali che abbiamo anche dentro l’UE. Servono un piano di investimenti massiccio in innovazione e la costruzione di un vero mercato unico digitale. E serve attenzione vera – non la retorica dei convegni del sabato e della domenica – per una agenda sociale europea.
Macron nel suo manifesto per l’Europa ha parlato di “scudo sociale” per i lavoratori. Che ne pensa?
Ci sono diverse cose molto buone nel manifesto. Ho trovato coraggioso e molto giusto quel passaggio sul sociale. Come pure la proposta di un salario minimo europeo differenziato per Paese. Ogni lavoratore europeo dovrebbe avere un pacchetto di diritti e tutele minime. Aggiungo: ci serve un INPS europeo. Per tornare ai diritti dei lavoratori, dobbiamo farne uno dei pilastri della nuova “Europa dei cittadini” che tutti diciamo di voler costruire. Assieme alla questione dell’empowerment femminile.
Lei si sta impegnando su questo come reazione al disegno di legge Pillon?
Non solo. Mentre facciamo di tutto per impedire che diventi legge la proposta Pillon – che non è solo contro le donne, ma anche e prima di tutto contro i bambini e contro chiunque, con una intrusione da regime sovietico nella vita delle coppie italiane in difficoltà – dobbiamo pure darci un’agenda propositiva sul ruolo della donna nella nostra economia e società. Coinvolgendo gli uomini e portando avanti anche una agenda al maschile per promuovere la parità di genere.
Tipo?
Sto lavorando per presentare una proposta di legge per un congedo parentale maschile obbligatorio, costruendo sul lavoro fatto su questo in passato da tante associazioni e su cui proverò a trovare un sostegno trasversale in Parlamento. Il messaggio è: se diventi papà stai a casa e ti prendi cura del neonato. Non 5 giorni ma per un periodo significativo, tipo 3 mesi. Lo dico da papà di una bimba di poco più di due anni: un congedo obbligatorio maschile contribuirebbe in pochi anni a trasformare la nostra società più in profondità che tante altre misure sperimentate finora. Perché cambierebbe la testa di tanti maschietti italiani.
https://www.linkiesta.it/it/article/2019/03/07/fusacchia-se-calenda-si-unisce-a-noi-alle-europee-cambia-tutto/41337/