Se il motto “difendiamo Dio, patria e famiglia” è l’evoluzione naturale della passione dell’italiana™ Giorgia Meloni per i manga e il fantasy, il tentativo di dare un qualche peso politico-contrattuale a un elettorato di destra smaccatamente novecentesco altro non è che un raduno di appassionati di storielle. La destra di oggi non è più quella cosa lì, lo sa il buon Guido Crosetto, lo sa Michela Murgia, che pure dà del fascista con la stessa facilità con cui si dovrebbe dare il buongiorno, lo sanno tutti, tranne Giorgia Meloni. Si agita, scandisce tutto l’armamentario ideologico legato a uno dei momenti più tragici della storia del Paese, si sforza, arriva a italianizzare i nomi dei nemici (“Giorgio” Soros), replica quasi freudianamente i tic e le posture di regime, che però, se mai dovesse riproporsi, avrebbe al comando Salvini, che ha già vinto la partita proprio perché eterodosso rispetto a quel tipo di destra.
Rassegnarsi all’idea di rappresentare una appendice di Salvini non deve essere impresa gratificante, soprattutto per una pasionaria come Giorgia Meloni, e qui forse si annida l’aspetto tragico della faccenda, perché il ritratto della pasionaria di destra ribelle all’understatement non si attaglia al XXI secolo, la stessa Marine Le Pen ha scelto un’altra strada.
Gadda, che lavorava in camera e faceva ben poco per risultare simpatico alla gente, diceva: “Vorrei essere considerato uno scrittore umoristico, se umoristico non avesse una connotazione ferroviaria in Italia”. Giorgia Meloni, che lavora alla Camera dei Deputati, invece fa di tutto per risultare simpatica anche ai non elettori. Furbescamente calca la mano con la gaffe, l’autoironia (ormai celebre la “zucchina” menzionata in un discorso sulla pesca marittima), la risata, il romanesco, ma il risultato è nervoso, affannato, di chi sa che insegue inutilmente l’avversario – Salvini – ma non ha scarpe comode per farlo.
Tanto più che l’anacronismo della Meloni si inserisce in un quadro generale, perché né Trump né Putin – i guru del sovranismo mondiale ai quali lo stesso Salvini si ispira – usano l’armamentario ideologico novecentesco della Meloni. Persino il suo cavallo di battaglia, “le politiche per la natalità”, denotano anacronismo, sfasatura dalla storia, e un certo provincialismo, perché persino la Germania è alle prese con il calo demografico. L’ultima fase di trend demografici espansivi in Italia coincide con la fine degli anni Settanta, quando le politiche di welfare e di inclusione sociale raggiunsero l’apice sotto l’egemonia della sinistra, che pure all’opposizione, esercitava un potere contrattuale fortissimo. Si fanno figli quando ci sente sicuri, economicamente e socialmente. Continuare a fomentare il clima di incertezza non aiuta certo a creare le condizioni atte allo scopo. Perché mai un italiano con il terrore della sostituzione etnica dovrebbe fare un figlio e darlo in pasto a un asilo nido, pagato profumatamente, dove la metà dei bimbi non è bionda con gli occhi azzurri? C’è da capirli, i sovranisti.
Invece la nostra insiste con una tale sicurezza a dirsi pronta, con il suo partito, a introdurre politiche sulla natalità efficienti, che la cosa più plausibile è che possa introdursi di notte nelle case degli italiani e, previo controllo del fototipo della pelle, sostituire gli anticoncezionali con le Tic Tac. Senza contare che alcune delle tanto vituperate misure di austerità, come ad esempio la riforma Fornero, hanno avuto il sì di Giorgia Meloni, che però sembra non ricordarsene, presa com’è, ormai da mesi, dalla voglia prima di affondare, poi di smantellare, infine di demolire le navi ong, non si capisce se dello Stato o di chi altro. Non il sequestro e i riutilizzo a scopi militari delle navi, operazione se non altro fattibile: l’abbattimento fisico, materiale. Il messaggio è di una violenza inaudita, nemmeno Salvini, che evidentemente è consigliato da persone migliori, con almeno una qualche laurea triennale in scienze della comunicazione, è mai arrivato a dire una cosa del genere, e a ripeterla.
Una violenza, quella contenuta nelle parole di Giorgia Meloni, da indurre la Roma della sinistretta intelligentina, quella che di solito fa opposizione e propaganda su La7 con l’aria da compagnuccio del liceo classico che conosce le sigle dei cartoni giapponesi, a ridicolizzarla, nel tentativo di depotenziare la violenza delle sue parole.
Giorgia Meloni non lo sa, o finge di ignorare, che la Costituzione repubblicana è il prodotto della liberazione dal fascismo e che il parlamentare Palazzotto può svolgere l’attività a cui si dedica, essendo largamente compatibile con la funzione parlamentare che ricopre e conforme al ruolo che la Costituzione assegna alle minoranze attive.
Il dubbio, oggi, è che avesse ragione Flaiano quando diceva che gli italiani sono l’ultima popolazione barbarica che ha invaso la Penisola.
https://www.linkiesta.it/it/article/2019/07/08/giorgia-meloni-salvini-governo/42797/