L’unico leader innervosito dalla scissione di Renzi dal Partito democratico è Giuseppe Conte. Né Nicola Zingaretti, né Luigi Di Maio, né Matteo Salvini sembrano essersi agitati più di tanto. Il segretario del Pd ha un problema in meno, il capo politico del M5S non vuole infilarsi in casini altrui e il leader della Lega ha avuti fin troppi guai per preoccuparsi anche di Renzi. Invece il presidente del Consiglio ha tutte le ragioni per stare poco sereno. Perché al governo giallorosso PD-M5S si è aggiunto il colore viola del nuovo movimento di Renzi Italia Viva, ed è è iniziato un lento stillicidio che arriverà fino al 2022, nella migliore delle ipotesi. E non tanto perché dovrà mediare tra tre partiti invece di due (il ritorno di Liberi e Uguali nel Pd è solo questione di tempo), ma perché Renzi sarà il suo premier ombra per credibilità internazionale e capacità di dettare l’agenda politica.
Il Senatore di Scandicci punta a comportarsi come Salvini nel Conte uno: lasciare agli alleati il compito di governare e nel frattempo girare l’Italia per fare campagna elettorale e arrivare pronto alle prossime elezioni. Il vero problema non sarà la vita quotidiana del governo. Non ci sarà una guerra su ogni singolo provvedimento, né uno scontro alle varie elezioni regionali. Il logorio sarà mediatico e politico, più che parlamentare. Se non farà cadere il governo prima, Renzi punterà a farsi sentire solo per le partite importanti. Le nomine delle 400 cariche di enti pubblici e autorità indipendenti che dovranno essere fatte in primavera, l’elezione del presidente della Repubblica, per dirne due. E così il presidente del Consiglio che a poco a poco stava costruendosi il proprio futuro politico passando da notaio, pardon, avvocato del popolo a statista europeista è caduto nella trappola del leader di Italia Viva.
Su pressione del Quirinale Conte ha accettato il patto Grillo-Franceschini e Renzi convinto di essere l’unico gallo nel pollaio del governo giallorosso. L’obiettivo palese del presidente del Consiglio era sfruttare la leadership decadente di Di Maio, commissariato da Grillo e relegato al ministero degli Esteri per imporsi come l’anti Salvini. Lo si è visto nei due discorsi con cui ha chiesto la fiducia alla Camera e al Senato. Una serie di picconate al leader della Lega per porsi come il leader dei moderati. E ora che Renzi è tornato in scena col suo movimento centrista, Conte avrà sempre meno spazio per imporsi.
La decima edizione della Leopolda, che si terrà dal 18 al 20 ottobre, sarà solo il primo capitolo mediatico di una lunga serie in cui Renzi cercherà di offuscare l’azione del governo, mettendo sempre l’asticella più in alto. Il lavoro sporco sarà lasciato al presidente del Consiglio che non rappresenterà più il contraltare moderato alle intemperanze di Salvini o all’impulsività social di Di Maio. Anche così ha costruito la sua credibilità. Il problema per Conte è che lui e Renzi parlano la stessa lingua allo stesso popolo. E anche se il senatore di Scandicci è sempre stato più esuberante i toni europeisti saranno gli stessi. Il rischio di sovrapposizione è alto. Già ieri durante la puntata di Porta a Porta è andato in scena l’antipasto di quello che ci aspetta nei prossimi mesi. Renzi ha sfidato Salvini in un dibattito televisivo. Il primo indizio che i due Mattei vogliono farsi la lotta a vicenda per aumentare i consensi, lasciando governare le beghe agli altri.
Fa sorridere l’ingenuità di Conte che secondo alcuni retroscena de La Stampa si sarebbe mostrato sorpreso dalla tempistica della scelta di Renzi. Come se da settimane non fosse nell’aria la decisione. Come ha scoperto il giornalista de Il Foglio David Allegranti, il sito del nuovo partito di Renzi, Italia Viva, è stato registrato il 9 agosto. Molto prima della nascita del governo fra Partito democratico e Movimento Cinque Stelle. Davvero Conte pensava che un animale politico come Renzi sarebbe stato in silenzio per anni a pigiare bottoni in Senato? Speriamo non abbia lo stesso intuito politico quando dovrà trattare la flessibilità con Bruxelles per la prossima legge di Bilancio. La verità è che Conte ha voluto la bicicletta dello statista, e ora gli tocca pedalare per risolvere i problemi. Ma dovrà guardarsi dietro perché sulla sua scia sta già pedalando più forte Renzi.
https://www.linkiesta.it/it/article/2019/09/18/conte-renzi-scissione-governo/43594/