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Gli strani consulenti dell’Ufficio parlamentare di bilancio che boccia la manovra del governo…

1) Non si capisce che bisogno abbia un ufficio parlamentare di “consulenti esterni”; 2) Il principale consulente esterno è “Prometeia”, fondata da Beniamino Andreatta con Romano Prodi e “molto vicina” a Mario Draghi e a Bankitalia …

A un osservatore esterno può sembrare strano che l’Ufficio parlamentare di bilancio bocci il quadro programmatico dell’Esecutivo che ha la maggioranza parlamentare. Poi si scopre che dietro c’è la “manina” di Prometeia, società specializzata nei servizi per il risk management, wealth management, asset management e consulenza finanziaria, con sede a Bologna e Milano e oltre 800 dipendenti nel mondo. Ma, guarda caso, fondata nel 1974 da Beniamino Andreatta e Romano Prodi. Festeggiata da Mario Draghi per il 40° anniversario e da Ignazio Visco, governatore di Bankitalia. La quale Bankitalia, guarda sempre il caso, si è subito allineata alla bocciatura… Un paio di curiosità: quanto denaro pubblico viene impiegato per questa consulenza? da chi e da quando è stata assegnata? ed è giusto che una società che fa consulenza finanziaria all’estero giudichi l’operato del governo e dia, nei fatti -anche se il parere dell’Upb non è vincolante-, indirizzi ai mercati e fors’anche, direbbero i maligni, ai propri clienti internazionali?

 

Da ansa.it

Bankitalia-Upb,bocciano Def. Ma Di Maio-Salvini, avanti – Il governo tenta di arginare l’offensiva dei mercati. Nel giorno in cui lo spread tocca i 315 punti, rivedendo i massimi da aprile del 2013, e Bankitalia manifesta tutto il proprio scetticismo sulla manovra mentre l’Ufficio parlamentare del Bilancio arriva a bocciare il quadro programmatico dell’Esecutivo, la paura di non riuscire a tenere sotto controllo la finanza pubblica si fa più concreta. Ma nonostante ciò Matteo Salvini e Luigi Di Maio assicurano di voler tirare dritto: “andiamo avanti, la manovra non cambia perché altrimenti tradiremmo gli italiani”, dicono a sera davanti a Palazzo Chigi prima di dare avvio a un nuovo vertice. Sotto assedio in Parlamento per oltre tre ore, intanto il ministro dell’Economia Giovanni Tria evoca però un “whatever it takes” all’italiana: la linea Maginot dello spread viene fissata a quota 400 e in quel caso “il governo farà – spiega – quello che deve fare, come ha fatto Draghi”. Pronti dunque, dice il ministro degli Affari Europei Paolo Savona, a “cambiare la manovra” se necessario anche grazie, come chiosa Matteo Salvini, all’aiuto dei cittadini. In Parlamento è la giornata delle audizioni alla nota di aggiornamento al Def e le critiche all’impostazione scelta dall’Esecutivo giallo-verde sono nette: riguardano la qualità delle misure scelte, e ancora tutte da scrivere in vista della presentazione della legge di bilancio, ma anche il quadro programmatico. 

Bankitalia boccia l’operazione che nel suo complesso definisce “modesta” e prende di mira una delle misure chiave promossa da Lega e 5S, la riforma della legge Fornero (peraltro poco convincente anche secondo il Fondo monetario internazionale): secondo Palazzo Koch bisogna salvaguardare la “sostenibilità e l’equità intergenerazionale del sistema pensionistico italiano” e dunque “è fondamentale non tornare indietro”. In una sorta di ping pong in tempo reale, replicano secchi e all’unisono entrambi i vicepremier Salvini e Di Maio: “niente e nessuno ci potrà fermare”, afferma il leader leghista che assicura di voler andare “avanti”. Ancora più piccata la risposta del leader 5S: “Se Bankitalia vuole un governo che non tocca la Fornero, la prossima volta si presenti alle elezioni con questo programma. Nessun italiano ha mai votato per la Fornero. E’ stato un esproprio di diritti e democrazia che viene rimborsato. Indietro non si torna”. Tocca poi anche alla Corte dei Conti farsi sentire. Questa volta è la pace fiscale (che altri definiscono condono) a venire messa in discussione nella convinzione che sconti e sanatorie incidano sull’equità fiscale, osservano i magistrati contabili e che però, secondo il premier Giuseppe Conte, avrebbero lanciato un “allarme ingiustificato”. Su tutto aleggia il debito, troppo alto: puntare sulla crescita non è in “contrasto”, è il leit motiv delle audizioni, con il rispetto della disciplina di bilancio. Per la Corte dei Conti, “la traiettoria disegnata nella Nadef non appare rassicurante”. Ma anche la crescita è sovrastimata, è la bacchettata dell’Upb che decide di non validare il quadro programmatico messo a punto dal governo ammonendo sui rischi di un giudizio negativo da parte di Bruxelles. 

Uno stop che non è vincolante ma che porterà portare il ministro Tria, in partenza per il Fmi a Bali, di nuovo davanti alle commissioni Bilancio di Camera e Senato nella mattinata di domani. A lui poi la scelta: correggere le stime o confermarle, assumendosi la responsabilità di inviare in Europa un documento privo dell’approvazione dell’autorità italiana dei conti pubblici.

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