L’hanno definito un ipocrita e un leader con una visione limitata. L’hanno accusato di usare il franco Fca come una moneta coloniale per assoggettare le ex colonie francesi. Hanno tentato più volte di legittimare e allearsi con il movimento dei gilet gialli nato proprio contro di lui. E ora, dopo due mesi di attacco alla Francia e al suo presidente, i Cinque Stelle mandano un segno di distensione a Macron e all’establishment europeo e preparano la strada per poter entrare nella grande maggioranza trasversale dopo le elezioni dell’Europarlamento. Perché la lettera inviata due giorni fa dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte a Repubblica assomiglia tanto al manifesto pubblicato da Macron due settimane fa. Il presidente francese lancia un «Rinascimento europeo», Conte risponde proponendo un nuovo «Umanesimo». Se Macron dice: «I popoli avranno veramente ripreso il controllo del loro destino», il premier italiano risponde: «Occorre favorire la costruzione di un vero popolo europeo, comunità di donne e di uomini che condividono un comune destino». Il presidente di En Marche parla di protezione sociale dei lavoratori e i grillini citano l’assicurazione europea sulla disoccupazione. Le somiglianze non si fermano solo alle parole d’ordine ma toccano anche altri temi simbolo degli anti-sovranisti come gli investimenti, la protezione delle frontiere esterne e la lotta contro il cambiamento climatico.
Il manifesto di Conte sembra il primo passo della nuova strategia dei 5 Stelle per le europee: mettere in soffitta la campagna elettorale anti-casta contro gli sprechi di palazzo e fare proposte filo-europee che guardino a sinistra. La diretta Facebook fatta da Di Maio e Di Battista sull’utilitaria per Strasburgo sembra un’era geologica fa. La sensazione è che sia passata la linea più moderata del presidente del Consiglio Conte: accreditarsi a livello europeo con una proposta concreta, riconoscibile e condivisa. L’obiettivo principale è raggiungere due risultati: smarcarsi dalle tematiche della Lega che continua a inghiottire sempre più la sua base elettorale e cercare di far parte della prossima maggioranza in Europa con socialisti, popolari e liberali. Il salario minimo è la loro chiave di volta: li posiziona più a sinistra in Italia e li mette nella cornice degli eurofili.
Non è un caso che i punti di contrasto che hanno portato i Cinque Stelle a criticare fortemente Macron negli ultimi due mesi siano smussati nella lettera di Conte. Un esempio su tutti è il passaggio sui problemi dell’immigrazione dall’Africa. Si è passati dalla dichiarazione «La Francia stampa il franco delle colonie e continua a finanziare il debito pubblico con i soldi con cui sfrutta i paesi africani», detto a gennaio da Di Maio al sobrio passaggio nella lettera che recita: «È giunto il momento di promuovere un serio dibattito su un nuovo partenariato europeo con l’Africa». Estrema diplomazia dell’entourage di Conte o il primo segno di distensione per tastare l’idea di entrare nella grande coalizione?
Formalmente il Movimento Cinque Stelle rimane alleato con una serie di partiti minoritari e poco conosciuti addirittura nelle loro patrie con l’unico scopo di avere le mani libere dopo le elezioni di maggio. La prova è l’accordo sul manifesto comune firmato due giorni fa a Zagabria da Di Maio con il partito croato Zivi Zid, la greca Akkel, la polacca Kikuz ’15, la finlandese Like Nyt. Totale, quattro partiti nati da poco o che hanno preso percentuali da prefisso telefonico alle ultime elezioni europee. Movimenti scelti non solo perché poco ingombranti ma anche per la loro qualità di essere antiestablishment ma non così xenofobi. Giusto per stare a debita distanza dalla Lega. In realtà mancherebbero ancora altri tre partiti di altrettanti Paesi Ue per poter formare un eurogruppo in Parlamento ma la sensazione è che il Movimento non forzerà la mano. Per ora come copertura basta e avanza. A meno che non vogliamo credere a un exploit di questi piccoli partiti.
I Cinque Stelle inseguono Macron, ma non è detto che ci sarà spazio nella prossima maggioranza dell’Europarlamento per loro. Per due motivi. Primo, qualsiasi alleanza dipenderà da quanto prenderà il M5S alle elezioni. Senza un buon bottino, non varrebbe nemmeno la pena presentarsi al tavolo dei vincitori. Al momento, secondo i più recenti sondaggi, il Movimento Cinque Stelle dovrebbe riuscire a eleggere 19 deputati, due in più dei socialisti ma undici in meno della Lega. Con questi numeri si pone il dilemma: meglio essere la ruota del carro nella maggioranza trasversale o avere più visibilità nel blocco sovranista? Secondo e non meno importante: il M5S cerca Macron, ma Macron non è detto che cerchi i 5 stelle. Perché il discorso di Conte al Parlamento europeo di febbraio non ha lasciato una grande impressione ai possibili alleati europei. Il problema non è solo Guy Verhofstadt, leader dell’Alde, l’eurogruppo in cui probabilmente entrerà En Marche che definì conte un «burattino». La porta in faccia i grillini l’hanno ricevuta anche dalla leader dei Verdi europei Ska Keller: «L’anti-istituzionalismo dei grillini è pura propaganda populista e distrugge ogni base per una discussione. I Cinquestelle hanno un’impostazione nazionalista e governano con Salvini. Non vedo le basi per una alleanza con loro in Europa». Per convincerli non basterà dirgli che una delle cinque stelle del Movimento rappresenta l’ambiente.
https://www.linkiesta.it/it/article/2019/03/21/cinque-stelle-macron/41492/