«Come sarebbe possibile a Roma non far continuare il lavoro a Virginia Raggi, un sindaco che ha fatto bene? È un po’ come se Giulio II avesse impedito improvvisamente a Michelangelo di terminare la decorazione della volta della Cappella Sistina». Dio perdoni un tal Paolo Ferrara, che era capogruppo dei grillini al Campidoglio, per aver pronunciato queste parole, soprattutto se era sobrio.
Lasciamo perdere Michelangelo, qui il problema è la follia grillina. Perché anche solo prendere in considerazione l’ipotesi di ricandidare Virginia Raggi dimostra che questi vivono in un mondo tutto loro. La bellicosa Roberta Lombardi si è subito messa di traverso e non solo perché odia la sindaca ma per il fatto che, nel suo estremismo, un po’ di realismo ce l’ha, tanto è vero che l’unica cosa seria che ha fatto nella sua carriera politica è stata l’alleanza con Nicola Zingaretti alla Regione Lazio.
La sindaca invece non si rende conto. Lei e i suoi fedelissimi. Gli amici degli amici. Gli assessori, gli staff. Un mondo a parte che si è inebriato di potere con annessi e connessi ma che a parte è restato: dentro i giri strani della politichetta romana ma fuori dalla politica vera.
E non c’è dossier sul quale la Raggi non becchi in pagella una severa insufficienza. Roma non crede più al Movimento. Una settimana fa è caduto anche il popolare municipio del Tiburtino, un tempo la parte più rossa della Capitale. La grillina Roberta Della Casa è stata studiata da tutti – tutti – i consiglieri.
Perché allora questa improvvisa accelerazione? Davvero la sindaca crede che il fatto che in questo giorni Roma puzzi di meno sia merito suo? Ringrazi il Covid 19 se c’è meno smog, se alla riapertura la Capitale non fa schifo come prima: possibile che non se ne renda conto? Può darsi anche che ri-scendendo in campo voglia mettere Luigi Di Maio e soprattutto Alessandro Di Battista di fronte al fatto compiuto.
Ma Virginia Raggi non fa i conti col fatto che a Roma non piace a nessuno. È stata detestata per il continuum monnezza-buche-traffico eccetera ma adesso i romani nemmeno la odiano più. Come se non esistesse, una storia chiusa. Come disse Benedetto Croce del fascismo? Una parentesi? Ecco, Virginia è la stessa cosa. Solo lei pensa di poter essere una sindaca che vinse due volte.
La verità è che il vento sta cambiando, tanto per usare la espressione che adoperò lei nel day after della travolgente vittoria. Ma dove finirà per soffiare, questo vento, nessuno è in grado di dirlo.
A Roma si vota l’anno prossimo. In che condizioni sarà la Capitale? Nessuno ci sta pensando. Non la destra, ora tutta presa dal conflitto Salvini-Meloni per la sua guida nazionale, e forse costretta alla fine a una soluzione di ripiego come quella di Fabio Rampelli.
E tantomeno il centrosinistra, marchiato per sempre dalla scottatura-Marino con tutto ciò che ne seguì. Sì, a Roma il centrosinistra ha ancora le ali bagnate da quella stagione incredibilmente negativa e poche carte da giocare. Ma qui si parrà la nobilitate del Pd, se davvero vuol dimostrare di voler annullare il populismo grillino dalla faccia del Paese, magari iniziando da Roma, dove tutto cominciò. Ma a chi toccherà l’ardua sfida alle due destre romane?
I leader di rango nazionale non si immoleranno mai in una battaglia rischiosissima. Ed esponenti romani all’altezza al momento non si vedono. Figure esterne alla politica, nessuno ci sta lavorando, anche se forse è proprio nel meglio della società romana, fuori dai partiti, che bisognerebbe guardare. Sarebbe ora, fra un Dpcm e l’altro, di cominciare a pensarci su.
I dem hanno una chance per redimersi: impedire la follia di ricandidare Raggi a Roma