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I tre giorni dell’Ilva per trovare un accordo quasi impossibile

Mercoledì 11 dicembre prima gli avvocati e poi i tecnici si misureranno con quelli finanziari e societari (ieri nessuno ha citato l’ipotesi di una rimodulazione del prezzo di acquisto, né ha parlato di equity, con le società pubbliche ad affiancare i francoindiani). Giovedì verranno coinvolti i sindacati.

Venerdì 13 si terrà un ulteriore incontro. E, a quel punto, si avrà una idea abbastanza precisa se sarà il caos oppure se si andrà verso una ricomposizione. Tutto in tre giorni.

Martedì ci si è misurati – e accordati – sulla specializzazione produttiva: ok da ambedue le parti al ciclo integrale più i forni elettrici. Una richiesta fortemente sostenuta dal Governo e a cui ArcelorMittal, che produce forni elettrici, ha acconsentito volentieri.

Dimensione d’impresa
Il problema è la dimensione di impresa. A tendere, al 2023, il Governo vuole 8 milioni di tonnellate prodotte. Non è negoziabile. ArcelorMittal risponde con 6 milioni di tonnellate. Con 8 milioni di tonnellate, nessun lavoratore andrebbe a casa. Con 6 milioni di tonnellate, in 6mila andrebbero a casa.

Una constatazione, che vena di realismo pessimista il negoziato: ieri nessuno ha parlato esplicitamente di occupazione, l’argomento è rimasto inspiegabilmente sottaciuto.

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