Se passeggiate sul corso principale di Taormina è impossibile non subire la tentazione di una vetrina tutta colori, richiami del gusto, decorazioni, seduzioni di sapori magici e meravigliose ricette siciliane. Sorbetti, cannoli, pasta di mandorle, frutta mandorlata, cassate, granite e soprattutto gelati, secondo l’antica tradizione nata proprio qui in Sicilia, al tempo della dominazione araba, quando si prendeva la neve dell’Etna per “manipolarla” con succo di arance e preparare il “sherbet” , l’originario nome del sorbetto. Fu un siciliano a tramutare il “sherbet” in gelato. Tale Procopio de Coltelli si guadagnò una tale fama da portare le sue ricette alle corti di Francia e di aprire una gelateria proprio nel cuore di Parigi, il Caffè Procope, tuttora esistente, anche se trasformato da tempo, prima in ritrovo letterario e poi ristorante chic un po’ turistico. Fanaberia è l’insegna di questa storica pasticceria. Il nome significa sfizioso, gustoso in lingua polacca, e deriva probabilmente dal tempo in cui nobili, turisti, scrittori e poeti venivano a Taormina da tutto il mondo. Il luogo è un richiamo immediato per chiunque passi dalla città, famoso quasi come il tempio greco, una sosta che ha deliziato il palato di vip e personalità internazionali, come al G8 di due anni fa, quando Fanaberia creò una coppa gelato apposta per il presidente Donald Trump. Vaniglia, frutti di bosco, decorazioni di zucchero e tante bandierine americane che hanno portato la pasticceria sui media del mondo.
Fanaberia è dunque qualche cosa di più di una gustosa pasticceria. È storia, tradizione, cultura gastronomia che esaltano da secoli i sapori della Sicilia e ne rimandano un’identità forte e autentica. E allora è obbligatorio chiedersi il perché di un gesto carico di livore e rabbia cieca, culturalmente incivile, oltre che motivato litigando con la grammatica (“stiamo col lo Stato”) del noto titolare della Fanaberia, un siciliano doc, per di più avvocato, con un rispettabilissimo impegno politico, prima in Alleanza nazionale e oggi con la Lega. Alludiamo all’azione – da cui ha preso le distanze la segreteria della Lega – d’imbrattare il murale dedicato a Carola Rackete, la giovane tedesca al centro della vicenda Sea Watch, per il suo impegno nel soccorso dei migranti.
Giuseppe Beppe Perdichizzi ha parlato di gesto spontaneo di cittadini, naturalmente non si è scusato con nessuno e nemmeno si è preoccupato di avere messo oggettivamente in imbarazzo gli stessi ambienti leghisti. In politica siamo abituati a tutto, insulti e insinuazioni comprese, ma perché sfregiare una testimonianza, peraltro artistica? Beninteso, qui non si discute – ci mancherebbe! – il consenso che Matteo Salvini raccoglie anche al Sud, fra la gente stanca di promesse, delusa dal M5S per cui ha votato in massa, oggettivamente più esposta alle problematiche dell’immigrazione e degli sbarchi. Al massimo si può cercare di analizzare la cancellazione della memoria collettiva che porta anche ambienti borghesi, intellettuali e persino industriali a simpatizzare per un personaggio che in passato si era distinto per insulti, sproloqui e volgarità di ogni genere nei confronti dei meridionali, i “terroni”, notoriamente poco inclini all’igiene e al lavoro, per ricordare una delle affermazioni più delicate.
Ma soprattutto resta da capire, perché lascia sgomenti, la mutazione culturale e comportamentale, oserei dire la metamorfosi di non pochi individui – e il nostro Perdichizzi è uno di questi – che confondono la scelta politica con il rancore, le simpatie verso un movimento con la negazione dell’educazione, del rispetto e in questo caso anche della grammatica. Perdichizzi ha solo compiuto un gesto riprovevole, ma è uno dei tanti che dà il buon esempio, perché odii e rancori si trasformino in violenza e sopruso, come quelli compiuti da bravi ragazzi di Foggia che decisero di tirare pietre sugli immigrati al lavoro nei campi. E’ con questi gesti emblematici, ed è con le parole di livore del “Capitano”, che si sdoganano comportamenti e sentimenti che poco hanno a che fare con il dibattito democratico e le libere scelte politiche e molto hanno a che vedere con i valori di civiltà e i diritti di tutti. Quel murale di Carola è per alcuni l’immagine del nemico e del male, un veicolo di sventure e minacce sull’amata terra siciliana. E poco importa se cannoli e gelati avranno il sapore sempre più amaro della regressione.
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