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Il Parlamento deve poter funzionare sempre, ancor più dopo l’emergenza

Troppo poco ci si è stupiti, la scorsa estate, per la chiusura del Parlamento britannico da parte della Regina Elisabetta. Quasi fosse una normale notizia di cronaca politica, tra le tante, peraltro stupefacenti, che giungevano in quel periodo da quel Parlamento, e che ci facevano guardare con orgoglio le nostre bistrattate Camere.

La Regina e il premier Johnson, insieme, sospendevano l’attività parlamentare: quindi la democrazia, almeno con riguardo a quelle decisioni che solo il Parlamento può assumere. Lì come qui. Un accordo insano, una strozzatura delle forma più elementare di separazione dei poteri , il governo che soffoca il Parlamento. Da allora conosciamo, di Boris Johnson , la raffinata cultura classica , una lacunosa sensibilità istituzionale e democratica, e , da ultimo, in tempo di coronavirus , una precaria disposizione filantropica.

Oggi, il rischio di una incapacità deliberativa delle camere è problema italiano, per la decimazione galoppante che il coronavirus sta operando nei ranghi parlamentari, così da rendere inesistenti e comunque casuali le maggioranze e le minoranze. Sul Sole di oggi, il costituzionalista Francesco Chimenti riassume il senso di un dibattito che si svolge dentro e fuori le Camere, e prospetta le soluzioni praticabili e compatibili con la Costituzione e le procedure parlamentari, al netto di alcune interpretazioni o limitate modifiche regolamentari.

In sostanza , si tratterebbe di costituire una o due commissioni speciali, istituto già previsto per la trattazione di temi plurisettoriali. E di consentire i voti delle assemblee a distanza, sugli articoli e sul testo nel suo insieme. Non stupirà nessuno che si tratti di soluzioni al giorno d’oggi non rigettabili, alle semplici condizioni che si rispetti la relazione tra maggioranza ed opposizione e i rapporti all’interno di entrambe ,almeno tendenzialmente.

Poi, ovviamente, sconfitto il nemico invisibile , tutto dovrebbe tornare alla normalità procedurale , quella disegnata nell’art. 72 della Costituzione e nelle conseguenti proiezioni regolamentari. Ecco, il problema più complicato- assai più di quello di cui si discute per l’emergenza -, sorge a questo riguardo. Se vi fosse, e fosse praticato su larga scala, dentro e intorno alle Camere, un vaccino contro l’ipocrisia, gli elettori italiani, sovrani secondo Costituzione, apprenderebbero che nulla o quasi di quanto dispongono quelle norme viene rispettato, in termini di prerogative delle Camere e dei singoli parlamentari.

 

 

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