Nel pieno di una pandemia globale, durante il negoziato su Mes ed eurobond, il Movimento Cinque Stelle confeziona un documento dal titolo “Proposte di Riforma e Salvezza Nazionale ai tempi del Covid-19”. Precisamente 21 deputati, 1 senatore (Elio Lannutti) e 1 europarlamentare (Piernicola Pedicini) hanno paternità e maternità di un testo che di fatto rappresenta un programma alternativo a quello del governo giallorosso. Riforma dello statuto Bce, minibot, moneta fiscale parallela e Btp speciali. E ancora: un sistema di Eurobond per i soli stati del sud e nazionalizzazioni a tappeto. Nessuna traccia del Mes. Sono queste, in sintesi, alcune delle principali proposte contenute nel documento.
Il piano si basa su due macro blocchi «di suggerimenti pratici in grado di convertire l’emergenza in un grande cambiamento di rotta nell’economia, nella politica e nella società». Il primo concentra il raggio di azione a livello nazionale, con misure che «rispondono a esigenze immediate dettate dall’infuriare della pandemia e dal tracollo produttivo da essa innescato».
Mentre il secondo blocco contiene «non solo le azioni immediate che le istituzioni europee, in primis la banca centrale, devono porre in essere ma anche le proposte che definiscono un nuovo modo di stare in Europa nei prossimi mesi e nei prossimi anni».
Il documento è stato partorito dalla fronda più sovranista dei grillini, scatenando il panico nelle chat dei parlamentari, preoccupati dalle reazioni degli alleati del Partito democratico ma sopratutto delle istituzioni europee. Anche perché, al momento, non c’è ancora stata una presa di distanza dal capo politico reggente Vito Crimi.
Analizzando il primo blocco è possibile comprendere l’allarme dei componenti del governo. Gli interventi per l’immediato prevedono l’emissione di «Buoni di Solidarietà e Protezione» (BSP) a scadenza breve (anche per le aziende, specie le aziende di Stato) emessi dal Dipartimento del Tesoro «a rubinetto (o con emissioni settimanali) fino a 100 miliardi di euro, estensibili a 150», i buoni sarebbero riservati esplicitamente a «famiglie, Banca d’Italia, banche di proprietà pubblica o controllate da soggetti privati residenti, istituti finanziari monetari e non». Collocati senza asta tramite sportelli bancari e postali con semplice disposizione di sottoscrizione da parte del cliente.
Ai Titoli di Stato, invece, dovrà essere destinata una quota dei nuovi investimenti delle Casse di Previdenza e dei fondi pensione. Mentre una parte dello stock di debito dovrà diventare liquidità. La strategia del progetto di matrice populista sembra inoltre voler fortificare due delle bandiere dei Cinque Stelle: l’assistenzialismo creditizio e la digitalizzazione. Per Lannutti e soci istituire una piattaforma elettronica dedicata allo scambio di compensazioni fiscali è fondamentale.
Come allo steso tempo ideare delle misure di intervento creditizio leggero e pesante. Per le prime si prevede «una rapida riforma del Microcredito, la creazione di un’agenzia unica del microcredito con garanzia statale al 100 per cento su tutti i prestiti ad autonomi, partite Iva e soci di società di persone per prestiti fino a 5.000 euro».
Più pericolosa e temuta da Conte per il coefficiente di demagogia e impraticabilità, è l’opzione due, quella per il credito pesante. «Prestiti fino a 10.000 euro per le famiglie e fino a 800.000 euro per le partite Iva e le imprese garantiti al 100% dallo Stato, con una durata massima trentennale».
A incombere sulle spalle dello Stato ci sarà anche una rete creditizia di Conti di Risparmio (CdR) pubblici, volontari e con somme trasferibili su piattaforma elettronica presso il Mef. L’istituzione di un Sistema di Pagamenti Condiviso senza costi o commissioni sulle transazioni elettroniche con carte di pagamento e l’intervento a favore del credito locale, con riforma delle Banche di Credito Cooperativo.
Il documento sovranista dei Cinque Stelle, al blocco due, critica anche e sopratutto l’approccio tenuto fin qui sul versante europeo. Oltre a inneggiare per un «Quantitative Easing senza alcun limite», il progetto mira a un’emissione straordinaria di Btp a scadenza decennale e trentennale dedicata ai risparmiatori privati italiani per finanziare la ripresa economica. Il che sarebbe quasi impossibile, visto l’elevatissimo debito pubblico dell’Italia che ha raggiunto un livello tale da accrescere il rischio di non poter essere in grado di pagare gli interessi stessi.
Al punto 3, un’idea che in realtà sembrerebbe essere stata valutata anche a Palazzo Chigi: i paesi del Sud Europa dovrebbero istituire un piano comune ed emettere garanzie per la Banca europea degli investimenti. Si tratterebbe di «eurobond via Bei garantiti solo da chi ci starebbe».
La visione anti europeista si allarga anche sulla finanza: la proposta opta infatti per una radicale rivisitazione della vigilanza bancaria e il divieto per gli Stati di far valere accordi bilaterali o multilaterali su materie che coinvolgano l’Unione Europea. Quindi no al Trattato di Aquisgrana e al Gruppo di Visegrad.
E ancora: «No a politiche fiscali non concertate, sì a dedicare almeno il 30% delle politiche fiscali a livello europeo» e via libera alla possibilità di controllo degli asset strategici per i singoli Stati dell’area euro. L’esempio è quello della Germania: nel caso in cui il governo tedesco impegnasse 500 miliardi di euro per contrastare l’emergenza sanitaria interna, secondo i Cinque Stelle, almeno il 30 per cento dovrà essere parte di una cassa comune europea dedicata a politiche comuni
Al punto 8, invece, in stile Venezuela, il piano dei Cinque Stelle propone la nazionalizzazione di tutte le aziende sottoposte a procedura fallimentare da più di 10 anni.
Mentre al punto 10 si legge: «in una crisi sistemica come questa non c’è fondo salva-Stati che possa reggere». Si parla di «revisione totale dei vincoli di bilancio Ue partendo dal Patto di stabilità e archiviando il concetto di deficit strutturale». Al punto successivo compare anche la «revisione del quadro finanziario pluriennale Ue, con assoluta contrarietà alla contribuzione netta dell’Italia al bilancio Ue, poiché – continua il testo – da quando esiste questo strumento l’Italia ha lasciato sul piatto decine di miliardi di euro a favore di altri Paesi».
Quanto a strumenti per garantire la proposta: il gruppo Cinque Stelle dice di voler usare le società controllate dal ministero dell’Economia: innanzitutto la banca Medio Credito Centrale e la Cassa depositi e prestiti, che verrebbero «ricapitalizzate e trasformate in banche di interesse nazionale garantite e controllate dallo Stato». Così come le Poste verrebbero delistate dai mercati «per essere messe al riparo dalle speculazioni», concedendo la licenza bancaria a Banco poste.
La conclusione è quella che tuttavia fa tremare di più l’euro: «Qualora ci fosse una refrattarietà degli Stati membri dell’Ue a iniziare un nuovo paradigma in grado di rispondere alla crisi sistemica, vanno stabiliti accordi preventivi per la stabilizzazione monetaria con Stati Uniti, Giappone e Cina oltre che con singoli Paesi Ue con interessi convergenti».
Il piano dei Cinque Stelle per trasformare l’Italia nel Venezuela