Un flop totale. L’ospedale allestito in corsa dalla Regione Lombardia alla Fiera di Milano potrebbe chiudere in un paio di settimane. Lo riporta il sito Fanpage.it, che intervista il professor Antonio Pesenti, primario di anestesia e rianimazione del Policlinico di Milano, nonché responsabile dell’Unità di crisi della Regione per le terapie intensive.
L’astronave – Bertolaso dixit – non è mai decollata. L’unica cosa che ha preso il volo, però, sono stati i 21 milioni di euro pagati in tutta velocità per allestire una struttura con una capienza di 205 pazienti, che però ne ha ospitati finora solo 25. Al momento sarebbero solo tre.
Inaugurato con grande solennità (e scarso rispetto delle norme di distanziamento sociale) dopo un mese di lavori, si è trasformato quasi subito, almeno per molti, nel simbolo del fallimento lombardo nella lotta al coronavirus.
Pesenti non è d’accordo: a suo avviso il nuovo ospedale era nato per essere una «scialuppa di salvataggio» e fornire letti in più per pazienti in terapia intensiva. Al 10 marzo, sottolinea, «nessuno poteva prevedere dove si sarebbe fermata l’epidemia e le previsioni erano catastrofiche. Si parlava di 140mila posti di terapia intensiva solo in Italia».
La richiesta dei medici è stata ascoltata dalla direzione sanitaria ed è partito il progetto, «come hanno fatto i cinesi, gli inglesi, gli spagnoli». Agire nell’emergenza con una nuova struttura.
Tanti restano scettici. L’ospedale, alla fine, non è servito («Per fortuna il 6 aprile, il giorno in cui la Fiera è stata consegnata, il numero dei ricoveri ha iniziato a scendere», ha aggiunto), ma il fatto stesso che sia stata concepita una struttura centrale per ospitare i pazienti – quando piuttosto serviva individuare i focolai e isolarli, anziché raggrupparli – è un segno ulteriore della confusione ai vertici della Regione.
Alla quale vanno sommati i ritardi sulla fornitura di mascherine e tamponi, i disguidi (per essere benevoli) nel coordinamento con le strutture locali e, infine, la comunicazione zoppa e disorientata.
E adesso? Con i contagi in calo e i reparti di terapia intensiva ormai sollevati dall’emergenza, si pensa anche alla completa dismissione.
Proprio così. «A breve chiuderemo le attività», cioè tra due settimane. Anche perché il governo sta lavorando a un decreto che, per prevenire altre emergenze, obbligherà le Regioni ad avere una scorta di posti in terapia intensiva.
«Se la Fiera corrisponderà ai requisiti che saranno richiesti, allora resterà in piedi». Altrimenti «verrà chiusa o smantellata, quello che c’è dentro impiegato in altri ospedali o altre attività di assistenza». Una fine ingloriosa.
Ma per i vertici della Regione è quasi una fortuna: avranno l’opportunità, insperata, di cancellare più tracce possibili della loro gestione della crisi.
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