La Camera, in occasione della riunione del Consiglio europeo che avrà luogo a Bruxelles il 20 e 21 giugno prossimi venturi e del Vertice Euro del 21 giugno prossimo, in cui i Capi di Stato e di Governo degli Stati membri affronteranno un cospicuo numero di argomenti iscritti all’ordine del giorno e ascoltate le comunicazioni del Presidente del Consiglio, premesso che: il Consiglio europeo di giugno è il primo dopo la tornata elettorale europea dello scorso maggio e segnerà l’inizio della partita per la definizione del nuovo assetto delle istituzioni europee, soprattutto per quanto riguarda l’adozione della nuova Agenda strategica per l’Unione 2019-2024 e le nomine del prossimo ciclo istituzionale;
l’Italia dovrà giocare un ruolo centrale in questa fase quale paese fondatore dell’Unione europea sia nella determinazione degli equilibri della nomina del nuovo Presidente della Commissione europea, sia nell’attribuzione degli incarichi da commissario europeo; in vista delle trattative per la composizione della nuova Commissione europea, il nostro paese non potrà non porre in essere tutte le azioni per lavorare alla costruzione del più largo consenso possibile a sostegno delle candidature che saranno avanzate dall’Italia, nell’ambito del rinnovo delle cariche istituzionali di vertice dell’Unione europea; anche il Vertice Euro è il primo dopo la tornata elettorale europea, e prevede all’ordine del giorno il tema dell’approfondimento dell’Unione economica e monetaria (UEM), considerando in particolare i tre temi dello strumento di bilancio per la zona euro, della riforma del Meccanismo Europeo di Stabilità (MES), e dei progressi compiuti nel rafforzamento dell’Unione bancaria considerato che: il nuovo Parlamento europeo avrà un primo banco di prova con cui dovrà misurarsi, vale a dire la definitiva approvazione, d’accordo con il Consiglio europeo, del bilancio a lungo termine dell’Unione, il cosiddetto Quadro Finanziario Pluriennale con cui si decide non solo il contributo degli Stati membri al bilancio europeo, ma soprattutto come saranno spese le risorse nei sette anni compresi tra il 2021 e il 2027; rimane ancora aperta la possibilità di limitare gli effetti dei tagli previsti pari al 5% dei settori tradizionali del bilancio europeo vale a dire la Politica agricola comune e del 7% per la politica di coesione, ponendo nel negoziato la massima attenzione ai criteri per l’assegnazione dei fondi che oltre al prodotto interno lordo pro capite come criterio principale dovrà tenere conto anche di altri fattori come ad esempio la disoccupazione (in particolare giovanile), per pervenire ad un quadro legislativo e finanziario il più possibile aderente agli interessi nazionali; nonostante il comparto agricolo abbia subito negli ultimi anni sostanziali cambiamenti per fattori macroeconomici e tensioni geopolitiche con una drastica riduzione dei prezzi dei prodotti agricoli e una concorrenza spesso sleale dai paesi terzi, anche a causa dell’assenza di una politica di difesa europea in materia agro-alimentare, il futuro assetto della Politica agricola comune è stato delineato partendo da una consistente riduzione sia dei pagamenti diretti, sia delle dotazioni del Fondo agricolo europeo per lo sviluppo rurale; si rende pertanto necessario un impegno del Governo volto ad assicurare il mantenimento di adeguate risorse finanziarie, supportate da un sistema di incentivi che agevoli il raggiungimento degli obiettivi, in grado di garantire un equo reddito ai produttori agricoli, con misure in grado di promuovere la competitività del settore, nonché misure sostenibili della gestione dei rischi legati ai cambiamenti climatici in atto e al rispetto dell’ambiente, tenendo in debito conto il contributo della PAC alle tematiche climatico-ambientali, alla luce degli obiettivi di sviluppo sostenibile fissati dall’Agenda 2013 e dell’Accordo di Parigi; tenuto conto che:
i leader europei nel corso del Consiglio Europeo torneranno sulla questione dei cambiamenti climatici in vista del vertice sull’azione per il clima convocato dal Segretario generale delle Nazioni Unite per il prossimo 23 settembre 2019;
l’Unione europea sta compiendo importanti passi avanti nella realizzazione degli obiettivi ambientali al 2030, ma per fornire un maggiore impulso e rafforzate certezze agli investitori appare necessaria la presentazione di una strategia a lungo termine che, in linea con gli Accordi di Parigi, definisca una serie di obiettivi chiave e misure di intervento, e valuti la possibilità di scorporare gli investimenti pubblici nel settore “green” dal computo dei parametri utili al pareggio di bilancio e del rapporto deficit/pil, per rendere l’economia e il sistema energetico dell’UE più competitivi, sicuri, omogenei e sostenibili; in ultimo il Consiglio europeo dibatterà delle conclusioni relative alle raccomandazioni specifiche per paese 2019 nel quadro del semestre europeo, presentate dalla Commissione europea lo scorso 5 giugno, indirizzando tutti gli Stati membri dell’UE agli orientamenti in materia di politica economica per i prossimi 12-18 mesi; il rallentamento economico globale sta avendo un impatto sulla congiuntura economica in Europa e necessita pertanto di una risposta europea, con un rafforzamento in particolare della domanda interna e con un impulso alla crescita attraverso maggiori investimenti e riforme coraggiose; allo stesso tempo persistono differenze significative tra i paesi, le regioni e i gruppi di popolazione, per questo tra i temi decisivi per il futuro dell’Europa per i prossimi anni c’è quello dell’occupazione, della crescita e della competitività, orientato alla realizzazione del pilastro europeo dei diritti sociali e alla salvaguardia dell’equità del mercato del lavoro;
nella prospettiva del prossimo ciclo istituzionale e della nuova agenda politica dell’Ue, il sostegno alla crescita, al lavoro e all’inclusione sociale dovrà essere al centro dell’azione di Governo, affinché si lavori alla costruzione di una vera strategia industriale europea, capace di creare crescita e occupazione e di tutelare le imprese, con particolare riguardo alle PMI, principale motore del tessuto produttivo italiano ed europeo; nel febbraio scorso la Commissione Europea, nelle sue valutazioni, ha concluso che 13 Stati membri presentavano squilibri (Bulgaria, Croazia, Francia, Germania, Irlanda, Portogallo, Spagna, Paesi Bassi, Romania e Svezia) e che tre di essi registravano squilibri eccessivi (Cipro, Grecia e Italia), richiedendo un monitoraggio specifico e continuo nel quadro della procedura per gli squilibri macroeconomici; nel Rapporto sul Debito, inviato alla Commissione lo scorso 31 maggio, il Governo ha presentato i cosiddetti fattori rilevanti per il mancato rispetto della riduzione del rapporto debito/PIL nel 2018. In chiave prospettica, sono state anche fornite stime e valutazioni che indicano che nell’anno in corso l’Italia rispetterà̀ i dettami del Patto di Stabilità e Crescita (PSC); nell’ultima valutazione del mese di giugno la Commissione Europea ha adottato relazioni a norma dell’articolo 126, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) nei confronti di Belgio, Francia, Italia e Cipro, in cui esamina la conformità di questi paesi con i criteri relativi al disavanzo e al debito previsti dal trattato. Per l’Italia, la relazione conclude che è giustificata una procedura per disavanzi eccessivi per il debito; il quadro di sorveglianza macroeconomica definito dal Regolamento (UE) n. 1176/2011 sulla prevenzione e la correzione degli squilibri macroeconomici richiede esplicitamente che la sostenibilità del sentiero di sviluppo di un paese sia monitorata avendo riguardo a una pluralità di indicatori, fra cui assumono rilievo il livello di indebitamento del settore privato, l’evoluzione dei flussi di credito al settore privato, e l’evoluzione della disoccupazione; la Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo e alla Banca Centrale Europea recante il quarto rapporto sulla riduzione dei crediti deteriorati e le ulteriori riduzioni del rischio nell’Unione Bancaria COM(2019) 278 definitiva dà atto del rilevante ed efficace sforzo compiuto dal nostro paese sul fronte della riduzione dei crediti deteriorati; è opportuno sostenere l’inclusione, nelle condizionalità previste dal MES e da eventuali ulteriori accordi in materia monetaria e finanziaria, di un quadro di indicatori sufficientemente articolato, compatibile con quello sancito dal Regolamento (UE) n. 1176/2011, dove si consideri quindi fra l’altro anche il livello del debito privato, oltre a quello pubblico, la consistenza della posizione debitoria netta sull’estero, e l’evoluzione, oltre che la consistenza, delle sofferenze bancarie, onde evitare che il nostro Paese sia escluso a priori dalle condizioni di accesso ai fondi cui contribuisce impegna, quindi, il Governo:
in vista del nuovo ciclo istituzionale e del conseguente avvicendamento alle cariche istituzionali di vertice dell’UE, a lavorare alla costruzione del più largo consenso possibile fra i partner europei, a sostegno delle candidature che saranno avanzate dall’Italia, assicurando che la presenza italiana ai vertici istituzionali dell’Unione sia adeguata al peso politico del nostro Paese;
con specifico riguardo alla posizione del futuro Commissario italiano, ad avviare le necessarie interlocuzioni con gli Stati membri al fine di ambire ad un portafoglio di prioritario interesse strategico per il Paese, in un ambito in cui l’Unione Europea ha competenze esclusive; in vista della definizione del nuovo quadro finanziario pluriennale, a negoziare una ridefinizione degli stanziamenti destinati alla politica di coesione e alla Politica Agricola Comune per l’UE-27, tali da scongiurare tagli al finanziamento delle politiche tradizionali, e garantire un’assegnazione equa delle risorse ai diversi Stati membri, in una prospettiva di sostegno e di sviluppo dell’agricoltura italiana, e di difesa strategica della qualità del nostro comparto agricolo, considerata la centralità del settore primario nelle sfide della sicurezza alimentare globale e rispetto ai cambiamenti climatici, nonché di rafforzamento della convergenza economica e sociale all’interno dell’Unione; a potenziare, estendere e rendere più efficace ed efficiente la gestione dei fondi europei che sostengono le politiche di welfare degli Stati membri, nei settori dove si rendono maggiormente necessari, prevedendo, da un lato, appositi stanziamenti destinati al contrasto della povertà e all’inclusione sociale per uno sviluppo equo, condiviso, con lo scopo di contrastare in maniera efficace la disoccupazione e migliorare il contesto imprenditoriale; in tema di cambiamenti climatici, a farsi promotore presso le competenti sedi europee di ogni iniziativa finalizzata alla decarbonizzazione dell’economia fissando come obiettivo l’impatto climatico zero entro il 2050, fermo restando la necessità di conseguire tale obiettivo attraverso un percorso condiviso e sostenibile anche sul piano economico ed energetico, come indicato dalla strategia a lungo termine dell’UE per la riduzione delle emissioni di gas serra, contenuta nella comunicazione “Un pianeta pulito per tutti Visione strategica europea a lungo termine per un’economia prospera, moderna, competitiva e climaticamente neutra” del 28 novembre 2018; ad attuare, nelle opportune sedi competenti e nell’ambito delle proprie competenze, tutte le misure necessarie al raggiungimento degli obiettivi di riduzione di gas ad effetto serra concordate a livello internazionale ed europeo, tenendo conto dei benefici ambientali, sociali ed economici connessi alla riduzione delle emissioni, se inserite all’interno di un progetto condiviso di sviluppo sostenibile; in merito alle recenti decisioni della Commissione Europea sulla situazione macroeconomica nazionale, a favorire uno spirito di piena collaborazione e dialogo con le Istituzioni europee, assicurando che venga preservata la sostenibilità delle finanze pubbliche in un quadro di non aumento e di progressiva riduzione della pressione fiscale, nel segno della sostenibilità sociale e senza attuare manovre recessive, al fine di scongiurare l’effettivo avvio di una procedura di infrazione per debito eccessivo;
a porre in essere adeguate politiche economiche in cui venga coniugata da un lato la flessibilità economica per il rilancio degli investimenti infrastrutturali e dall’altro la diminuzione strutturale delle tasse sul lavoro, necessarie per la ripresa della produttività e dell’occupazione; ad avviare un dibattito nelle istituzioni europee al fine di riformare i parametri di stabilità, prevedendo tra gli altri l’esclusione degli investimenti produttivi, inclusi quelli in capitale umano, dal computo dei parametri utili al pareggio di bilancio e del rapporto deficit/pil, e l’abolizione del riferimento al saldo strutturale, indicatore la cui natura pro-ciclica è riconosciuta a livello internazionale, al fine di sostenere crescita, lavoro e inclusione sociale, investendo nella politica industriale aperta alle nuove tecnologie, nella ricerca e nell’innovazione, nelle infrastrutture materiali e digitali, nella cultura, rilanciando l’economia e uscendo dalle spirali recessive;
in ordine all’approfondimento dell’unione economica e monetaria, a confermare l’impegno ad opporsi ad assetti normativi che finiscano per costringere alcuni Paesi verso percorsi di ristrutturazione predefiniti ed automatici, con sostanziale esautorazione del potere di elaborare in autonomia politiche economiche efficaci; più specificamente, in ordine alla riforma del Meccanismo Europeo di Stabilità, a non approvare modifiche che prevedano condizionalità che finiscano per penalizzare quegli Stati membri che più hanno bisogno di riforme strutturali e di investimenti, e che minino le prerogative della Commissione europea in materia di sorveglianza fiscale; a promuovere, in sede europea, una valutazione congiunta dei tre elementi del pacchetto di approfondimento dell’unione economica e monetaria, riservandosi di esprimere la valutazione finale solo all’esito della dettagliata definizione di tutte le varie componenti del pacchetto, favorendo il cosiddetto “package approach”, che possa consentire una condivisione politiche di tutte le misure interessate;
a trasmettere alle Camere le proposte di modifica al trattato ESM, elaborate in sede europea, al fine di consentire al Parlamento di esprimersi con un atto di indirizzo e, conseguentemente, a sospendere ogni determinazione definitiva finché il Parlamento non si sia pronunciato.
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