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Irene Tinagli: “Basta veti dai Paesi dell’Est, l’Europa si cambia con chi ci sta”

 

«Il vero rischio è che l’Unione Europea venga smontata, anziché aiutata a crescere». Se c’è una cosa che accomuna i candidati alle prossime elezioni europee del 26 maggio è il senso dell’urgenza, la sensazione di essere – di poter essere – in qualche modo protagonisti di uno snodo storico, come soldati in trincea. Non fa eccezione Irene Tinagli, prima donna in lista del Partito Democratico nella circoscrizione nord ovest. Economista, professoressa universitaria giramondo, già deputata di Scelta Civica, poi Pd, da poco in libreria con “La grande ignoranza“ (Rizzoli, 2019), un saggio dedicato all’ascesa dell’ignoranza al potere in Italia, Tinagli ha la sua risposta: bisogna spingere fuori dall’Europa i Paesi dell’est, o perlomeno tenerli fuori da ogni futuro processo di integrazione continentale: «Bisogna abbattere il tabù dell’unanimità e del comune accordo tra 28 paesi e avere il coraggio di portare avanti una maggior integrazione con un gruppo più ristretto di Paesi europei», spiega.

Tinagli, teme davvero i sovranisti al potere in Europa?
Non credo che ci sarà una maggioranza sovranista in Europa, all’indomani delle elezioni del 26 maggio, ma credo che ci saranno comunque problemi.

Che generi di problemi?
Uno su tutti: che queste forze politiche, e i Paesi in cui sono maggioritarie, esercitino pressioni affinché si restituisca in mano agli Stati membri, quel poco che avevamo già messo in comune.

Loro direbbero: che problema c’è a ridare sovranità ai popoli?
Ci sono i problemi che vediamo ora, quelli di un’Unione bloccata dai veti incrociati e dagli interessi particolari. Da europeisti, non possiamo fare il loro gioco: il tracheggiamento è l’anticamera della disgregazione.

Perdoni, però. Se questo accade è per colpa di trattati europei che lo permettono, non dei sovranisti…
Certo. Io sono convinta che si debba prima di tutto rimettere mano alla governance dell’Europa, che andrebbe ridiscusso il modo in cui funziona, proprio attraverso la modifica dei trattati.

Cosa bisogna cambiare? I parametri di Maastricht?
No, dobbiamo abbattere l’idea che il consiglio europeo decida all’unanimità e che il suo parere sia vincolante e definitivo in ogni ambito. Bisogna avere il coraggio di portare avanti l’idea di una maggiore integrazione con un gruppo più ristretto di Paesi.

Chi ha in mente?
Ho in mente Francia, Germania, Italia il gruppo dei fondatori, allargato a quelli che più hanno premuto per far fare all’Europa qualche passo avanti. Se gli altri non ci stanno, lo facciamo noi, quelli che ci credono.

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