di Vincenzo Caccioppoli
Secondo la bozza della Commissione europea in materia di fonti di energia verdi,come trapela da fonti anonime di Bruxelles, il nostro paese potrebbe perdere 10 miliardi di finanziamenti per impianti a gas a causa di alcune clausole e sottigliezze burocratiche che invece favorirebbero altri paesi.
L’energia nucleare, ad esempio, sarà considerata “verde” solo se i progetti delle centrali saranno dotati di un piano (completo di fondi e sito) per lo stoccaggio sicuro delle scorie; gli impianti, inoltre, dovranno aver ricevuto i permessi di costruzione prima del 2045.
Le centrali a gas, invece, potranno dirsi “verdi” solo se produrranno quantità di emissioni inferiori ai 270 grammi di CO2 equivalente per kilowattora, se serviranno a sostituire impianti alimentati con combustibili fossili più inquinanti (il carbone, innanzitutto), se riceveranno i permessi di costruzione prima del 31 dicembre 2030 e se saranno dotate di un piano di transizione ai gas low-carbon entro la fine del 2035.
Queste differenziazioni sembrano andare contro tutti i progetti di nuovi impianti presentati dal nostro paese, come racconta il Sole24ore in un lungo e dettagliato reportage. Se confermate nel testo definitivo, le disposizioni sulle fonti energetiche considerate ‘verdi’ dalla tassonomia Ue impedirebbero di fatto l’arrivo di circa 10 miliardi di investimenti da parte della Ue in Italia. Il gruppo italiano dell Ecr conservatori europei, conx un duro intervento del capo delegazione Carlo Fidanza di Fdi, ha già promesso battaglia affinché venga tutelato l’interesse del nostro paese. “A leggere il documento della Commissione Ue sulla cosiddetta “tassonomia verde”, quello che consente di finanziare nucleare e gas per la transizione ecologica, gran parte dei progetti italiani non sarebbero finanziabili. Al contrario di quelli tedeschi e dei paesi dell’Est. Daremo battaglia per cambiare queste regole, perché investire sul gas è indispensabile per evitare costi esorbitanti per famiglie e imprese!”
Se da un punto di vista energetico e di sostenibilità queste disquisizioni potrebbero anche avere un senso considerando anche la necessità di trovare un compromesso che possa soddisfare paesi come la Germania che ha nel nuovo governo una importante componente del partito verde.
Ma quello che non sembra invece reggere soprattutto per paesi come il nostro è il discorso dal punto di vista finanziario, invece, la questione sembra sicuramente più complessa. La tassonomia europea ambisce a diventare il riferimento internazionale per la nuova “finanza sostenibile”, quella attenta ai principi ESG. Etichettare dunque come “verdi” due fonti di energia che non hanno un impatto climatico e ambientale nullo può danneggiare la credibilità del regolamento di Bruxelles. Il Sole 24 Ore ha considerato almeno 48 progetti di nuovi impianti di produzione elettrica che tra qualche anno dovrebbero entrare in funzione in 14 regioni. “Si tratta – ha spiegato il giornalista Jacopo Giliberto – di circa 20 mila megawatt da costruire con un impegno di spesa attorno ai 10 miliardi”.
Ma i progetti, secondo le regole anticipate, non potrebbero beneficiare del ‘bollino green’ della tassonomia europea, la legislazione che serve appunto a fare chiarezza sulle attività che Bruxelles considera sostenibili. Come riportato ampiamente negli ultimi giorni, per la Commissione Ue il gas sarà “la fonte della transizione”, necessaria per passare dalle fonti più inquinanti – come il carbone – a quelle pulite ma ancora non utilizzabili in larga scala, ovvero l’idrogeno o le altre rinnovabili.
Ma le condizioni poste da Bruxelles all’uso sostenibile del gas sono così rigide da relegare tra le attività inquinanti i progetti italiani di sfruttamento del metano. Insomma proprio in un momento così delicato dal punto di vista energetico per i rialzi record delle bollette di luce e gas, ora arriva questo nuovo problema da Bruxelles che non fa che aggiungere problemi ad un situazione già di per sé assai complicata. Anche perché i miliardi sarebbero senza interventi dirottati verso paesi come Polonia Repubblica Ceca o Germania che devono sostenere grandi sforzi per riconvertire la loro economia energetica ancora fortemente dipendente dal carbone.