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La crisi dei cinquestelle dimostra l’indivisibilità del populismo italiano

 

Negli ultimi tempi sono state date diverse spiegazioni del declino elettorale e della crisi politica dei Cinque Stelle, che sostanzialmente girano tutte intorno allo stesso punto: quant’è difficile, per un movimento populista, passare dalla protesta alla proposta, cioè dall’opposizione al governo. Ma forse sarebbe più esatto dire: dall’antipolitica alla politica. In altre parole, avendo delegittimato, criminalizzato e dipinto come patologico tutto ciò che rappresenta la fisiologia della politica – compromessi, mediazioni, dialogo – è inevitabile che ogni giorno che passano al governo i cinquestelle siano costretti a rimangiarsi un pezzo di quello che hanno predicato fino al giorno prima.

Resterebbe tuttavia una via di fuga, che i populisti di tutto il mondo hanno sempre percorso una volta giunti al potere: la costruzione del nemico esterno, responsabile di tutto ciò che non funziona. Qui però nasce il problema molto particolare, e almeno a mia conoscenza inedito, che il movimento fondato da Beppe Grillo si trova ad affrontare oggi, emerso con particolare evidenza nella discussione sul Meccanismo europeo di stabilità.

E il problema è che questo gioco di scaricare sul nemico esterno la responsabilità di tutte le sconfitte, e specialmente di tutte le promesse non realizzate, regge fino a quando non c’è all’interno, sui banchi dell’opposizione, un altro populismo, altrettanto agguerrito, pronto a rinfacciartele e a rilanciarle.

Se al governo ci fossero stati ancora i gialloverdi, è ragionevole ipotizzare che sulla questione del Mes, ad esempio, un’opposizione guidata dal Pd avrebbe attaccato l’esecutivo da posizioni europeiste. E la maggioranza avrebbe avuto buon gioco, quale che fosse poi il compromesso concretamente raggiunto, ad addebitarne tutti i difetti alla perfidia dell’Europa e al tradimento di un’opposizione antinazionale e schiava di Bruxelles. Un gioco che però i grillini oggi non possono fare, proprio perché all’opposizione c’è chi dice esattamente questo, e accusa loro di avere ceduto alle pressioni europee e di avere tradito l’interesse nazionale.

Questa è la ragione per cui i Cinque Stelle, incalzati da posizioni ultrapopuliste, non possono fare né una cosa né l’altra, né gli europeisti né gli antieuropeisti, e finiscono così per rendere impossibile ogni soluzione ragionevole, a tutto danno del governo. E siccome del governo sono il principale partito, alla fine il conto lo pagano sempre loro, avvitandosi in una crisi apparentemente irreversibile. A dimostrazione del fatto che, contrariamente a quanto da molti a lungo sostenuto, il populismo italiano è uno. E indivisibile.

 

 

 

 

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