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La difficile rincorsa al centro di Renzi, tra modello Macron e rischio Scelta civica

 

C’è la foto di Narni che rivista oggi contiene un misto di stupefazione e malinconia. E c’è la foto di New York che evoca distanza dalle cose romane. Nella prima, come sapete, ci sono Zingaretti, Di Maio, Conte e Speranza. Nell’altra c’è Matteo Renzi che si picca di “smaltire il jet lag con una corsetta a Central Park”. Perfido, Renzi. Voi statevene lì a smaltire la botta umbra, io me ne sto tranquillo fra querce rosse e grattacieli. Per qualche giorno almeno.

I suoi a Roma hanno capito il messaggio e improvvisamente hanno schiacciato il tasto rewind anti-polemiche sulla legge di bilancio, e persino il “duro” Marattin è uscito entusiasta dall’ultimo vertice di maggioranza, dove di solito lo fanno arrabbiare, lui e la Bellanova. Il Capo ha dato la linea: non facciamo polemiche. Piuttosto – dicono i suoi, pur senza infierire – lo spettacolo che il senatore fiorentino si sta godendo è la crisi di leadership di Di Maio e – meno – di Zingaretti, costretto quest’ultimo ad agitare la pistola bagnata di nuove elezioni. A Renzi per il momento questa situazione basta e avanza ma naturalmente uno come lui mentre smaltisce il jet lag escogita nuove puntate della telenovela politica.

A quel che si capisce non sarà tanto la discussione parlamentare sulla manovra di bilancio la prossima frontiera di Italia viva quando bisognerà sì farsi notare ma senza tirare troppo la corda, troppo alto il rischio di un crollo della maggioranza con conseguenze letali per la legislatura, uno scenario non desiderato dalla nuovissima creatura politica. Piuttosto, il terreno su cui Renzi ha già dato segnali prima dello sblocco positivo della vicenda della Ocean Viking (anche se non è piaciuto che sia avvenuto solamente il giorno dopo le regionali in Umbria…) è quello appunto dell’immigrazione, tema sul quale l’ex premier intende tenere testa a Salvini e magari sfidando i grillini.

Per questo Italia viva è pronta a schierarsi per la cancellazione dei decreti sicurezza, una parola d’ordine che occhieggia a pezzi di opinione pubblica e a una parte del Pd, quella non a caso all’opposizione di Zingaretti. Uno scarto d’immagine, oltretutto, che correggerebbe la consolidata vulgata di un Renzi “di destra”. Uno di quei movimenti nei quali il leader di Iv ci ha abituati, giocati con grande velocità per sorprendere avversari e soprattutto alleati.

E mentre le “iniziative di presentazione” di Iv vanno molto bene – ma nelle grandi città, ultima Napoli – è sul fronte della “campagna acquisti” che si registra qualche difficoltà. Di fatto, lo scouting nel recinto dei forzisti antisalviniani non sta producendo niente. I “liberal” di Forza Italia, malgrado la crescente insofferenza per la deriva sovranista della destra italiana, non si fidano del ex capo del Pd. Varie cene a Roma e Milano di questo milieu più di centro che di destra hanno evidenziato che il gran salto non è alle viste. Renzi ha rotto davvero con la sinistra? Questo il dubbio, alla fin fine, che blocca ogni passaggio e determina uno stallo di cui è sintomo il rovello dell’area di Mara Carfagna, la quale insiste nel chiedere “una riflessione” al partito berlusconiano che con evidenza è ormai andato in braccio a Salvini senza tante discussioni. Ma quell’area non si sta muovendo da dov’è.

Renzi conosce bene l’imbarazzo “ideologico” dei “carfagnani”, così come indovina ancora meglio un certo malessere fra i più “riformisti” tuttora nel Pd (un Pd che potrebbe spostarsi ancora di più a sinistra nel caso di un cedimento dell’attuale leadership): e non a caso lo scouting verso l’ex partito funziona meglio che quello verso gli azzurri, soprattutto a livello locale. Insomma, la domanda verte sempre sulla scelta di campo di Italia viva. Finché il nodo non si scioglierà – e non si scioglierà tanto presto – Renzi potrà continuare a scorrazzare fra le altrui angosce. Raccogliere i vari malesseri: non fece così Macron? Ma sul posizionamento “ideologico” di Italia viva giunge in soccorso un interessante studio dell’Istituto Cattaneo svolto fra i partecipanti alla Leopolda.

Si viene così a sapere che l’aggettivo che «più di tutti riscuote le simpatie degli intervistati è Europeista, seguito da Antifascista e Riformista. Prevedibilmente, Sovranista e Populista sono aggettivi che raccolgono meno consensi. Su alcuni aggettivi la platea è meno concorde. I renziani già convinti si definiscono Liberali, Anti-comunisti, Anti-sovranisti e Cattolici più di quanto facciano gli incerti. Viceversa, questi ultimi si definiscono in misura maggiore come Socialdemocratici. Dunque, Italia Viva sembra raccogliere consensi dalla componente centrista (“macroniana”), mentre appare più incerta la sua espansione verso una componente più legata ai valori tradizionali della sinistra».

Mentre sul piano più strettamente politico, colpisce che la parte più giovane della platea leopoldina sia meno “di sinistra” dei più grandicelli: «L’idea che il nuovo partito debba rimanere ancorato al centro-sinistra è sostenuta da meno del 10% degli under-45 già convinti di aderire. Diventa quasi il 40% tra gli “incerti maturi” (dai 45 anni in su). Specularmente, due terzi dei renziani convinti più giovani vedono Italia Viva come cerniera di una coalizione fra centro-destra e centro-sinistra». Con tanti saluti al vecchio lido socialdemocratico.

 

 

 

 

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