Sono ore di riflessione per l’ex professore di economia politica all’università di Pretoria. Dopo aver annunciato fin dal giorno del giuramento al Quirinale che se la legge di Bilancio non avesse destinato tre miliardi alla scuola si sarebbe dimesso, ora che la partita si sta per chiudere – manca il via libera della Camera su un testo pressoché blindato -, e considerato che i tre miliardi alla fine non ci sono (c’è n’è uno solo), il responsabile dell’Istruzione deve decidere se fare un passo indietro, così come promesso, o se invece rimanere nel governo e continuare a svolgere il suo mandato nella tolda di comando del dicastero di Viale Trastevere
di Andrea Carli
Manovra, Fioramonti: risorse per istruzione ancora insufficienti
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Martin Luther King diceva che per fare il primo passo non è necessario vedere tutta la scala, basta salire il primo gradino. L’aforisma del leader del movimento per i diritti civili degli afroamericani potrebbe forse tornare alla mente in queste ore al ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti.
La sfida lanciata fin dal giorno del giuramento
Sono giorni di riflessione per l’ex professore di economia politica all’università di Pretoria. Dopo aver annunciato fin dal giuramento al Quirinale che se la manovra non avesse destinato tre miliardi alla scuola si sarebbe dimesso, ora che la partita si sta per chiudere – manca il via libera della Camera su un testo pressoché blindato -, e considerato che i tre miliardi alla fine non ci sono (c’è n’è uno solo), Fioramonti deve decidere se fare un passo indietro, così come promesso, o se invece rimanere nel governo e continuare a svolgere il suo mandato nella tolda di comando del dicastero di Viale Trastevere.
Le divisioni nella maggioranza
Una scelta, quella di andare allo strappo, che potrebbe avere delle ripercussioni su una maggioranza che nell’ultimo periodo qualche distanza al suo interno l’ha manifestata tra dibattito sul Meccanismo europeo di stabilità, soluzioni in extremis per fronteggiare una nuova crisi di un istituto di credito e polemiche sulla commissione di inchiesta sulle banche, trattative per dare un futuro all’ex Ilva e ad Alitalia, oltre alla tradizionale coperta sempre troppo corta per le misure da inserire in manovra.
Gli appelli a non mollare (non solo da M5S)
Che un passo indietro da parte del ministro, più volte al centro di vespai mediatici – dal crocifisso da rimuovere delle pareti delle aule scolastiche per sostituirlo con il mappamondo alla scelta di iscrivere il figlio, lui responsabile dell’Istruzione in Italia, alla scuola inglese – non sarebbe da rubricare come un semplice caso di dimissioni, ma piuttosto come il venir meno di un tassello in un puzzle complesso e di non facile realizzazione, lo dimostra il fatto che a chiedergli di restare non è solo il Movimento a cui appartiene, ma anche esponenti di quelle forze politiche che con M5S sostengono il Conte due. Il collega agli Affari regionali e autonomie Francesco Boccia gli ha chiesto di non mollare.
Per ora il ministro smentisce passi indietro
Il pressing all’interno dei Cinque Stelle su Fioramonti per convincerlo a rimanere è già iniziato. Intanto lui smentisce eventuali passi indietro. Ma il via libera finale della manovra da parte dell’aula di Montecitorio, atteso per lunedì 23 dicembre, e la definitiva conferma che alla fine i fondi richiesti non ci sono, potrebbe convincere il pentastellato a rimettere mano al copione. Nonostante siano in molti a non credere all’ipotesi di dimisssioni, il colpo di scena non è del tutto escluso. Quel primo gradino, alla fine, potrebbe non fare così paura. La politica, talvolta, sa riservare delle sorprese.
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