C’è almeno un aspetto positivo nell’altrimenti tragica vicenda della Fondazione Open che, peraltro, a dispetto del nome è chiusa da tempo. Carlo Calenda, Giorgio Gori, Benedetto della Vedova e Stefano Parisi, leader di aree e movimenti che si contendono lo stesso spazio politico di Matteo Renzi, ieri hanno twittato e ritwittato manifestazioni di solidarietà nei confronti dell’avversario con cui solitamente non se le mandano a dire, oltre che di estremo disagio nei confronti dello sfrontato attivismo togato (Gori si è spinto oltre, versando 100 euro a Italia Viva, pur ribadendo che non ha alcuna intenzione di aderirvi).
Preoccupante, invece, l’assenza del Pd, ma del resto quando mai è presente il Pd? Sconcertanti, per dirla alla Di Maio, anche le lezioni morali di uno come Ugo Sposetti che da anni gestisce come un satrapo mediorientale, non si sa bene a che titolo non essendo nemmeno mediorientale ma solo marchigiano, i patrimoni immobiliari del vecchio Pci/Pds. Ma la solidarietà di Calenda, Gori, Della Vedova e Parisi, e perfino certe cautele del Giornale dei Berlusconi, è esattamente quello che intendiamo qui a Linkiesta quando parliamo del progetto civile, ancora prima che politico, di un’alleanza contro gli stronzi: e persone di buon senso e quelle responsabili – non importa se di destra o di sinistra, di sopra o di sotto – devono capire che siamo tutti sulla stessa barca, una barca che peraltro è in procinto di affondare a colpi di decrescita felice, di politiche economiche e fiscali sconsiderate, di assistenzialismo di cittadinanza e di quota 100, di guerriglia padana alle istituzioni europee e di populismo giudiziario delle procure della Repubblica.
Ma non devono soltanto capirlo, devono anche agire di conseguenza, alleandosi e mettendo da parte antipatie caratteriali, velleità personali e questioni ideologiche, altrimenti è davvero finita per quella che un tempo è stata la quinta potenza industriale del Pianeta e un alleato cruciale dell’alleanza atlantica mentre ora è ridotta all’avanspettacolo triste dei Conte, dei Salvini, dei Bagnai, dei Di Maio, della magistratura sindacalizzata che apre e chiude a piacimento altiforni da 1 per cento del Pil nazionale, da pubblici ministeri legalmente irresponsabili del processual harassment che commettono nei confronti di chi finanzia con bonifici registrati e tracciati i movimenti politici e, infine, dal circo mediatico che, per carità, è in crisi e si deve arrangiare come può, ma che in realtà fa da servizio postale e da cassa di risonanza del tintinnio delle manette da quando Renzi frequentava le medie. Il caso Open è esattamente il caso Italia, e lo è al netto delle disinvolture nei conti economici di Renzi e dei renziani, peraltro tutte ancora da dimostrare.
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