Immaginateveli, per un momento, i capi di Stato e di governo dei 27 Paesi dell’Unione, quelli chiamati a decidere sulla procedura d’infrazione per debito eccessivo dell’Italia. Immaginateveli, mentre ricevono una lettera firmata da un presidente del consiglio tecnico di un governo politico, scelto come elemento di mediazione tra due forze politiche con visioni antitetiche dell’economia, accomunate solamente dalla volontà di fare più deficit e più debito per comprarsi consenso elettorale. Immaginateli, mentre aprono quella lettera, chiedendosi se dentro ci siano i dettami di una manovra coerente col Def presentato qualche mese fa, che parlava di deficit in calo, o con le sparate di Salvini, che annuncia una drastica riduzione delle tasse ai redditi medio-alti – lui la chiama flat tax – in deroga alle regole europee, trattate alla stregua di carta igienica.
Immaginateveli, mentre scorrono increduli le prime righe della missiva e scoprono che Conte, della manovra, non parla. Parla di una “fase costituente di governo delle nostre società e delle nostre economie, riconsiderando modelli di sviluppo e di crescita che si sono rivelati inadeguati di fronte alle sfide poste da società impoverite, attraversate da sfiducia, delusione, rancore”. Parla di “riflessione approfondita su come assicurare un effettivo equilibrio tra stabilità e crescita, tra riduzione e condivisione dei rischi. Sono poli dialettici, ma devono essere valutati insieme, devono essere tra loro adeguatamente bilanciati”. Parla di una nuova fase costituente europea, di unione bancaria, di disoccupazione, di dumping fiscale.
Sei pagine così. E fosse il discorso d’insediamento del presidente della Commissione Europea sarebbe pure bella. Peccato sia la lettera con cui l’Italia si gioca la propria credibilità per evitare una procedura d’infrazione che avrebbe effetti devastanti sulla tenuta del nostro equilibrio di bilancio, sul flusso dei finanziamenti europei al sociale e alla ricerca, che si interromperebbe all’istante, sulla credibilità che proprio il nostro debito – già oggi valutato un gradino sopra la spazzatura dalle agenzie di rating – avrebbe sui mercati.
Su quello, giusto mezza paginetta per dire che il taglio delle tasse e la sterilizzazione delle clausole di salvaguardia – senza il salario minimo, senza il taglio del cuneo fiscale – saranno finanziate da un programma complessivo di revisione della spesa. Fosse vero, solo per il 2020 dovrebbe essere pari ad almeno una trentina di miliardi, roba che nemmeno la Thatcher. Con la lista della spesa del Movimento Cinque Stelle, si sfondano tranquillamente i quaranta miliardi. Ricordiamolo a chi si è messo in ascolto e in visione solo in questo momento: è la lettera con cui dovremmo evitare la procedura d’infrazione per debito eccessivo.
Immaginateli, allora. E provate a non sentire l’odore acre della presa per i fondelli, da parte di un Paese che nemmeno ha il coraggio delle sue posizioni, che manda avanti il poliziotto buono mentre quelli cattivi fanno le dirette Facebook, che mette in piazza senza vergogna tutta la pochezza culturale e politica della propria classe dirigente, incapace di produrre null’altro che vuote supercazzole, autoconvincendosi che gli altri se la bevano, o che li spaventi il pensiero di un’Italexit.
Immaginateli, e adesso immaginatevi cosa succederà d’ora in poi. Solo, non dite che non ce la siamo andata a cercare.
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