Che me-ra-vi-glio-sa rappresentazione della Giustizia quella che si è via via dipanata ieri sera nel covo dei sanculotti dove da anni si celebra il regime del Terrore (Non è l’Arena La7, ndr).
Nel corso della trasmissione irrompe d’improvviso per telefono l’eroe antimafia, il pluridecorato da cento cittadinanze onorarie Pm Antimafia Nino Di Matteo, e racconta stupefacenti “fatti”. Non interpretazioni, non percezioni, ma pesanti fatti, sottolinea, come mille volte ha fatto nei processi raccogliendo la voce dei pentiti – e anzi per essere più convincente ancora ne adotta la cadenza
Il Fatto: egli fu telefonicamente invitato dal ministro grillino della Giustizia Bonafede, appena questi si insediò a via Arenula nel 2018, a scegliere fra due prestigiosi incarichi al servizio del paese: o capo del Dipartimento Affari Penitenziari o direttore degli Affari Penali.
Il Magistrato chiese del tempo per decidere se accettare o no, e quale dei due: 48 ore – anzi 24 come meglio gli riaffiorò nel corso dell’esposizione alla mente (e quindi con più provata veridicità e rinforzo probatorio). Ponderato il caso, il giorno dopo si recò a via Arenula deciso a mettersi al servizio del Paese accettando l’incarico più oneroso, quello di Capo del Dipartimento Affari Penitenziari.
Inopinatamente si sentì dire dal ministro Bonafede che aveva sciolto lui stesso il dilemma nominando un altro sanculotto, ma di minore rango, tal Procuratore aggiunto Basentini, la cui azione investigativa aveva portato due anni prima alle dimissioni del ministro Federica Guidi (che non sarebbe stata neppure mai formalmente indagata ndr).
Che cosa era avvenuto in quelle drammatiche 24 ore? Nino Di Matteo, attualmente consigliere del CSM, lo svela oggi, a distanza di 2 anni. Nessuno pensi che lo faccia perché di nuovo Bonafede ha scelto a capo del Dipartimento un signor nessuno (in luogo di un signor Qualcuno come certamente Di Matteo è, si considera e viene considerato), tal magistrato Petralia, neppure sanculotto, che sì ha gestito inchieste importanti e di successo contro la mafia ma che mai è risultato degno di essere consacrato Pm Antimafia.
E perché Di Matteo non ebbe l’incarico? Ecco qua, a causa della reazione negativa dei boss della mafia: Se arriva quello – fecero sapere attraverso le normali intercettazioni carcerarie – butta la chiave.
I sanculotti presenti in studio trasecolano. Anche noi, che pure non guardiamo Non è l’Arena, non in diretta comunque. Sta parlando di Bonafede, del ministro della “certezza della pena”, intesa, la pena, come esclusivamente e definitivamente carceraria?
Ed ecco che compare, sempre telefonicamente il ministro. Cerca di spiegare la sua verità, ma sa o scopre che la partita è persa in partenza. La verità appartiene ai Pubblici ministeri Antimafia. Inutile che dica una cosa cui appare più che ragionevole credere: Io quelle intercettazioni le conoscevo già da tempo, sono il Ministro della Giustizia. Avrebbe forse aggiunto “poffarbacco” ma non gliene venne dato il tempo.
Ho altri ospiti, devo chiudere qui, incalzava il conduttore, mentre il ministro si dibatteva fra un’interruzione e una sollecitazione a raccontare subito e fino in fondo la verità. Mi faccia spiegare, mi dia il tempo, supplicava. No è impossibile, concluda, ora c’è Briatore.
Fine della procedura sommaria.
Il Terrore finì quando la testa di Robespierre cadde nel cesto sotto la lama della ghigliottina. Ieri sera è caduta la piccola testa di Bonafede. Ma a differenza, il Terrore continua.