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L’analfabetismo democratico di chi vuol fare gli esami alle manifestazioni altrui

Buona parte delle più grandi manifestazioni della storia, se non tutte, sono state prima di ogni altra cosa manifestazioni di protesta, indipendentemente da quello che i promotori eventualmente scrivessero nelle loro piattaforme, o negli appelli su cui raccoglievano le firme. Si scende in piazza per protestare, anzitutto. Per proporre ci sono i convegni, i giornali, le sedi di partito e i parlamenti.

E il fatto che una parte non piccola di coloro che oggi si mobilitano, da un lato con le sardine, dall’altro con la Lega, non sappia spiegare in modo articolato e coerente le proprie ragioni, dimostra solo ed esclusivamente che il mito della «democrazia diretta» non è solo una boiata pazzesca, ma è prima di tutto, dietro la patina populista, una distopia oligarchica: terreno ideale per ogni forma di manipolazione dall’alto.

Questo non vuol dire, naturalmente, che non esista un problema di partecipazione consapevole: il punto è che in politica la consapevolezza è non per caso un aggettivo della partecipazione. Perché non c’è nessun manuale di istruzioni, nessun giornale, nessun tecnico e nessuna università che può fornirci quella consapevolezza bella e pronta; perché è un processo, un’esperienza che si acquisisce facendola, e facendola insieme agli altri (altrimenti, per definizione, non sarebbe politica).

Irridere i sostenitori della Lega che firmano contro il Mes senza sapere cosa sia, semplicemente perché si fidano di Matteo Salvini e della Lega, tradisce dunque il desiderio inconfessabile di vedere quelle persone non già più informate e consapevoli, ma relegate nell’indifferenza e nella passività. Desiderio peraltro sempre meno inconfessabile e sempre più spavaldamente confessato e rivendicato, con le ricorrenti campagne, più o meno ironiche, sulla necessità di concedere il voto solo agli istruiti, ai consapevoli e meritevoli. Una deriva oligarchica – anch’essa, per fortuna, inconsapevole – che si ritrova negli stessi discorsi delle sardine, specialmente quando ricorrono alla formula stantia del parlare «alla testa» anziché «alla pancia» degli elettori.

https://www.linkiesta.it/it/article/2019/12/10/sardine-mattia-santori-movimenti-piazza-politica-governo/44697/

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