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Legittima difesa, pressing di Salvini: legge entro marzo

«L’accordo è chiuso con i Cinque Stelle sulla legittima difesa: entro marzo sarà legge. Su questo non ho dubbi». Il vicepremier e ministro dell’Interno, Matteo Salvini, in conferenza stampa alla Camera, è tornato a ostentare sicurezza sui tempi di approvazione del ddl sulla legittima difesa malgrado i mal di pancia in casa M5s. Il ddl torna in commissione giustizia alla Camera martedì dopo il rinvio chiesto dalla stessa Lega per motivi tecnici. Il provvedimento non convince del tutto il M5S, molti lo vedono come un altro cedimento all’alleato di governo. E al Senato (dove il provvedimento dovrà passare per l’approvazione definitiva) c’è il rischio che i numeri non siano sufficienti.

Lo scontro con le toghe
All’indomani del rinvio si era acceso lo scontro con le toghe. Il presidente dell’Associazione nazionale magistrati, Francesco Minisci, ha rivelato di sperare in un rinvio sine die perché la norma avrebbe «gravi profili di incostituzionalità». La replica dell’Interno non si è fatta attendere: «Le dichiarazioni dell’Anm sono di una gravità assoluta, non spetta a un magistrato dire quale legge bisogna fare e non fare». E dalla sua parte si è schierato il Guardasigilli Alfonso Bonafede del Movimento 5 stelle: «La legge la condividiamo e riteniamo debba andare avanti».

Sulla legittima difesa il contrasto con la magistratura è antico: già durante le audizioni nella commissione Giustizia, Minisci aveva elencato le sue perplessità sul disegno di legge che modificherebbe l’articolo 52 del codice penale: incostituzionalità (il ddl fa differenza «tra la legittima difesa e le altre scriminanti, che hanno invece tutte la stessa dignità») e inutilità della riforma («il tema è sufficientemente regolamentato»). Inoltre, per Minisci «si lancia il messaggio che se succede un fatto astrattamente riconducibile alla
legittima difesa, non si deve fare nessun accertamento. Ma non è possibile perché se un soggetto muore, le indagini il pm le deve fare».

Gli schieramenti in campo
Non è così per il ministro della Pubblica Amministrazione Giulia Bongiorno: «Smentisco in maniera categorica che con questa norma si impedirebbero le indagini». Per la leghista «il testo aiuterà i magistrati nelle indagini, perché traccia in modo chiaro i confini delle condotte lecite di chi si difende da un’aggressione». Contrarie le opposizioni, cioè il Pd e Liberi e uguali, che, compatti nel no al ddl, hanno presentato emendamenti. A braccetto, ma in senso opposto, Forza Italia e Fratelli d’Italia: entrambi spingono per rafforzare il testo soprattutto in nome del concetto di diritto alla difesa, ‘rivendicato’ indipendentemente dalle intenzioni di un eventuale aggressore che entra in casa. A entrambi quindi non va giù lo slittamento del testo.

Il rinvio del disegno di legge
Intanto nei corridoi di Montecitorio passa la voce che il ‘tecnicismo’ del rinvio di una settimana sia legato all’autosospensione della presidente della commissione Giustizia Giulia Sarti, per la questione dei rimborsi M5s. È stata lei ad aver coordinato l’esame del ddl in commissione e ora la sua mancanza si fa sentire sui vertici del Comitato dei nove, ossia l’’organismo che in misura ristretta riferisce all’Aula il lavoro fatto nella prima fase. Un problema superabile (potrebbe assumere il ruolo il vicepresidente), che però nasconde la fibrillazione e le divisioni nel Movimento sulla legittima difesa e sui contrasti tra ortodossi e ‘governativi’ 5S.

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