Il più stretto collaboratore di Juncker (un nome, una garanzia), il commissario europeo Moscovici, già definito “ la fetta di prosciutto francese all’interno di un panino tedesco”, dice che disubbidirgli “provocherebbe difficoltà all’Italia”
Non vuole “neanche immaginarle” Pierre Moscovici, le difficoltà che uno sforamento del Pil superiore al 3%, contravvenendo al diktat europeo, provocherebbe all’Italia. Dopo l’agosto nero che il nostro Paese ha attraversato, puntare sulle ricostruzioni, sulla sicurezza ed efficienza delle infrastrutture, sulla lotta alla povertà e sugli investimenti che sono l’unico strumento per rilanciare l’economia sono obiettivi assolutamente secondari, dice in sostanza il commissario Ue per gli affari economici e monetari, rispetto al rigore a senso unico imposto da Bruxelles. Lo dice in un’intervista al Sole 24 Ore l’ultimo giorno di agosto, giusto così, perché alla riapertura di settembre Borse, mercati e chi ha orecchie da intendere abbiano recepito il messaggio.
Rivendica il cuor tenero proprio e dei burocrati che rappresenta: “L’Italia non può lamentarsi della Commissione europea” che “è sempre stata al suo fianco per sostenere la crescita”, e ora “ci aspettiamo uno sforzo strutturale corposo”. Ricorda che “all’Italia nel 2018 è chiesta una riduzione dello 0,3% rispetto allo 0,6% del Pil previsto dalle regole. Uno sforzo dimezzato a causa della fragilità della ripresa”. “Secondo le nostre stime di maggio è possibile che questo sforzo non venga raggiunto”, sottolinea, “è possibile che la situazione sia evoluta da allora. Le prossime previsioni sono attese in novembre. Naturalmente incoraggio il governo a fare in modo che l’esecuzione del bilancio sia prudente e rispettosa degli impegni dell’Italia in modo da minimizzare i rischi di deriva dei conti quest’anno. E’ un messaggio che ho trasmesso al ministro dell’Economia Giovanni Tria, un interlocutore che ritengo serio e ragionevole”.
Con l’Italia, spiega Moscovici, “inizieremo presto le discussioni sul bilancio per il 2019. Alla luce di alcune dichiarazioni, le discussioni rischiano di non essere facili, ma farò di tutto perché siano costruttive malgrado il tono in alcuni casi scortese di queste affermazioni e malgrado l’orientamento di bilancio che fanno presagire”.
Il tono scortese, naturalmente, è quello dei cattivoni del governo giallo-verde, che, dovendo far fronte alla serie di emergenze che conosciamo, hanno detto che prima dei desiderata di Bruxelles vengono i bisogni degli italiani. Vorremmo sapere chi, a parte Prodi, Amato, Bonino e pochi altri -che poi italiani non sono più, avendo scelto da molto tempo una fluida e, per carità, disinteressata identità europea- non è d’accordo su questo.
Per il commissario europeo “è nell’interesse dell’Italia controllare il debito pubblico. Lo sforzo richiesto è dello 0,6% del Pil. Si tratta di un ritorno alla normalità dopo lo sforzo ridotto previsto quest’anno sulla scia di una ripresa più solida e delle necessità di ridurre l’indebitamento, che è al 132% del Pil”. L’Italia, ha sottolineato Moscovici, “è di gran lunga” il Paese che “più ha beneficiato di flessibilità di bilancio, secondo le nostre regole”.
Eddài: le loro regole sono così lungimiranti ed essenziali, una sorta di Vangelo ad uso di mercati, finanza e governi succubi, da non poter essere minimamente scalfite. E, anzi, per l’Italia sono state un toccasana, nonostante la stupida percezione che ci fa sospettare il contrario. “Nel corso degli anni”, ha ricordato, “abbiamo tenuto conto di circostanze eccezionali: la sicurezza, i terribili terremoti, l’emergenza migratoria. Chi fa un processo alla Commissione fa un processo assurdo alla luce dei fatti”. Povero Moskovici, si sente coinvolto in un processo kafkiano. Non gli resta che affidarsi a un buon psicanalista.
Ancora sottolinea che “il 3% del Pil non è un target, ma un tetto. L’obiettivo è risanare il debito, come ho già detto.”
Sul rischio di un’uscita dell’Italia dall’euro, Moscovici ha sottolineato che “se si creano le condizioni per uscire dall’euro significa che in realtà è ciò che si vuole”. “Non bisogna essere ipocriti”, ha aggiunto, “l’euro prevede il rispetto di regole. Non rispettare le regole, significa voler uscire dall’unione monetaria”, una volontà che il commissario Ue, da “osservatore lontano”, non si sente di escludere totalmente.
E qui, bontà sua, pur da “osservatore lontano”, ma comunque armato di missili a lunga gittata -come da messaggio subliminare- non esclude che un bel giorno l’Italia si svegli da un incubo e preferisca vivere piuttosto che vivacchiare all’ombra di Bruxelles.