Egregio Presidente del Consiglio, gentile Ministro della Sanità, chiarissimi professori del Comitato tecnico-scientifico, stimati membri delle task force, permettetemi una domanda puntuale in questo delicato momento di cauta e parziale riapertura delle attività produttive e sociali dopo il lungo periodo di giustificato, doveroso e impegnativo isolamento domestico cui tutti noi italiani ci siamo sottoposti ben consapevoli del rischio che avremmo altrimenti corso: ma che minchia avete fatto nei due mesi in cui siamo stati reclusi in casa?
Scuserete l’esattezza del latino, ma è evidente che non avete fatto nulla, niente, zero, se non mostrare la vostra ciclopica inadeguatezza che va ben oltre quella di esservi fatti trovare impreparati di fronte alla pandemia. Due mesi dopo un lockdown che in alcune zone d’Italia è iniziato ancora prima, ancora non ci sono i tamponi, non ci sono i test seriologici, non ci sono le mascherine.
Ci avete detto per buona parte di questo tempo che le protezioni individuali non sarebbero servite, poi che erano necessarie, poi che eravamo egoisti a sottrarle agli operatori sanitari, poi che erano obbligatorie, infine che si sarebbero trovate a 50 centesimi e quindi le avete rese introvabili.
Avete scritto con i piedi decine e decine di pagine di decreti, diffuso messaggi confusi, fornito precisazioni deliranti, senza mai dare una prospettiva seria e ordinata di superamento dell’emergenza sanitaria. Non c’è una strategia, non c’è un piano, non c’è niente di niente: com’è possibile che due mesi dopo la quarantena non siamo stati tutti tamponati, non siamo stati tutti testati, non abbiamo tutti ricevuto uno stock di guanti e mascherine? Che fine ha fatto la fantomatica app Immuni che secondo quel babbeo della Farnesina addirittura avrebbe dovuto prevedere il futuro avvertendoci con un beep che avremmo potuto incontrare un concittadino positivo?
Dopo due mesi e rotti di vita sospesa non siete riusciti a organizzare un piano di tracciamento digitale, una campagna capillare di test diagnostici, una mobilitazione nazionale per valutare chi è immune, chi è malato, chi è guarito in modo da liberare chi non è contagioso, isolare chi è infetto, e proteggere chi è a contatto con qualcuno che ha il virus.
Passi che non avete avuto la prontezza di Andrea Crisanti che già a fine gennaio ha comprato due milioni e mezzo di tamponi ed è riuscito a salvare i cittadini del Veneto, ma perché quando si è capito che quel modello funzionava molto bene rispetto per esempio al disastro della Lombardia non l’avete chiamato a Roma e vi siete fatti spiegare come si fa?
E, invece, si può correre, non si può correre. Pizza sì, ma non da asporto. Poi si può aprire, ma non si può consumare. I congiunti sì, gli amanti no. I cugini di sesto grado sì, gli amici no. Si riparte, ma non troppo. Più l’incresciosa vicenda del passare ai giornalisti lo «scenario irrealistico» da 151 mila terapie intensive per giustificare la mezza apertura e per rispondere alle critiche. Non siete riusciti a dare un’indicazione unica nazionale e nemmeno una che differenzi le zone dove l’epidemia c’è da quelle dove non c’è.
Nessuno ha una ricetta, una formula, una bacchetta magica, ma nessuno come noi è nelle mani di un governo pasticcione e populista e di un’opposizione ancora più stravagante e pericolosa. Nessuno avvia in pompa magna la fase due senza alcun progetto di contenimento dell’epidemia e poi se la prende con chi va a sgranchirsi le gambe o a farsi uno spritz. Avete ragione, là fuori è pericoloso, tornate a casa e restateci.
L’insostenibile inadeguatezza del governo Conte e dei suoi comitati scientifici