M5s verso la scissione. Dopo le regionali inevitabile l’allargamento della maggioranza
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L’intervento ruvido di Beppe Grillo su Alessandro Di Battista segna un punto di non ritorno. Per il fondatore il futuro del Movimento è già iniziato ed è Giuseppe Conte. Quella di Grillo non è una scelta nata sull’onda dei sondaggi che confermano la popolarità del premier. La scommessa di Beppe su Conte nasce nei giorni della fine del governo con la Lega e nelle settimane che precedettero l’alleanza con il Pd.
L’aut aut di Grillo
Fu Grillo e solo Grillo – non certo Di Maio né di Battista (allora ancora “fratelli”) e neppure Casaleggio – a mettere un aut aut sulla permanenza dell’avvocato del popolo a Palazzo Chigi. Lo comprese rapidamente anche il segretario del Pd, Nicola Zingaretti che dovette mettere da parte il veto iniziale su Conte.
Il siluro di Dibba contro il Governo
Non deve quindi sorprendere il tackle durissimo su Di Battista . Il ritorno in Tv del “Che Guevara de noantri” , nei giorni in cui il premier da Villa Pamphili teneva i suoi Stati generali, è stato un vero e proprio siluro. Come ha rilevato ironicamente il vicesegretario dem, Andrea Orlando, il giramondo pentastellato di fatto aveva inviato al premier il suo «stai sereno».
La scissione inevitabile
L’obiettivo però stavolta non è la conquista di Palazzo Chigi (come fu per Matteo Renzi) bensì della leadership del M5s e soprattutto la fine dell’alleanza giallorossa. Proprio quella che Grillo ha costruito e avrebbe voluto fin dall’inizio. Di qui il cortocircuito da cui è impossibile uscire senza morti e feriti. Ovvero senza una scissione del Movimento.
Maggioranza precaria al Senato
Qualcuno come l’ex M5s amicissimo di Dibba, Gianluigi Paragone, già parla apertamente di dar vita a un nuovo partito. Inevitabili quindi le ripercussioni sul Governo. Al Senato- dove non mancano i seguaci di Di Battista a partire dall’insofferente ex ministra per il Sud Barbara Lezzi – la maggioranza sta in piedi per un pugno di voti.
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