Manco a dirlo, è il ministro Paolo Savona: l’ uso dei fondi strutturali comunitari non è consentito per le «politiche passive», quelle finalizzate soltanto a dare un reddito, ma è possibile per favorire l’ accesso al mercato del lavoro
La programmazione 2014-2020 dei fondi strutturali assegna all’Italia 73,6 miliardi. Ebbene, fino al 2017 ne sono stati utilizzati solo il 3% del totale, pari a 2,45 miliardi. Siamo sestultimi (su 28) in Europa per utilizzo di questi fondi che, se non impegnati e spesi in tempo, rischiano di ritornare al mittente. Carenze amministrative, un certo disinteresse politico –a cui seguono in genere forti accelerazioni di spesa verso il termine del ciclo di programmazione- ma, soprattutto, una complessa serie di vincoli burocratici da assolvere sono le cause di queste inadempienze, che ora speriamo trovino soluzione. E l’occasione può essere proprio la “via sostenibile per i conti pubblici” avviata dal ministro dell’Economia Tria, che dovrebbe, in primo luogo, reperire i fondi per il reddito di cittadinanza. Il punto sostanziale dettato dal ministro è che il reddito di cittadinanza non avrà costi, perché sarà finanziato con «strumenti di welfare già esistenti».
Fino ad oggi era dato per scontato che l’ assegno di 780 euro al mese promesso dal Movimento Cinque Stelle, sarebbe stato in parte pagato attingendo alle risorse del Rei, il reddito di inclusione finanziato dal precedente governo con circa 3 miliardi di euro e che dall’ inizio del mese è diventato un sussidio di povertà universale, anche se contenuto più negli importi. Insomma, il reddito di cittadinanza visto come aiuto ai poveri, si potrebbe facilmente inserire sulla struttura del Rei, potenziandola. Si tratterebbe in definitiva non più di un sussidio, ma di uno strumento che possa traghettare chi è in difficoltà verso un’occupazione. Partendo da questo assunto, a via XX Settembre starebbero studiando la possibilità di allargare il campo delle misure attuali di sostegno al reddito da inglobare nel progetto anche alla Naspi, l’ assegno di disoccupazione. Il progetto farebbe in questo modo un salto di qualità. E qui entrerebbero in ballo, a pieno titolo, i fondi strutturali europei, come ha spiegato Paolo Savona. Già oggi chi riceve la Naspi, per esempio, non può rifiutare una proposta di lavoro ritenuta «congrua». E l’ assegno di ricollocazione, i soldi che il disoccupato poteva spendere con un’agenzia privata, potrebbero essere reindirizzati verso i Centri per l’ impiego.