«Faccio un ultimo appello alla Lega, faccia dimettere Siri e non arrivi alla conta. Serve la reazione della politica». A poche ore dal Consiglio dei ministri il leader M5S Luigi Di Maio si rivolge ancora una volta all’alleato di governo per scongiurare lo scontro frontale sulle dimissioni del sottosegretario leghista ai Trasporti, Armando Siri. Ma l’appello cade nel vuoto. «Se domani votano», replica il vicepremier Matteo Salvini intervistato a “Matrix” (Canale 5) riferendosi alla revoca dell’incarico che verrà proposta al Cdm dal premier Conte (a meno che Siri non si dimetta prima) «noi votiamo contro». «Poi si continua, si va avanti per altri quattro anni perché c’è tanto ancora da fare: andrà come andrà il Movimento 5 Stelle si prenda le sue responsabilità», riflette Salvini.
Caso Siri a parte, il pessimismo del ministro dell’Interno investe però altri fronti caldi dell’agenda di Governo: «Mi sembra evidente che con M5s ci sia una spaccatura e non solo su questo. C’è una differenza di vedute sulla Tav, sull’Autonomia, sull’immigrazione». Per Salvini, «alla gente che sta a casa non interessa questo dibattito ma le cose da fare. A me mi pagano per fare le cose». Mentre Di Maio ha dichiarato a CartaBianca sui Rai3: «Sappiamo che Salvini vuole portare la flat tax in cdm, io non vedo l’ora: se la flat tax serve ad abbassare le tasse al ceto medio noi siamo prontissimi a votarla. E se ci portano anche le coperture noi li ringraziamo”.E ha aggiunto: «Io domani porto il salario minimo così facciamo due cose utili per gli italiani”
La sorte politica del sottosegretario accusato di corruzione dai magistrati capitolini non è però l’unico tasto su cui batte il vicepremier pentastellato. In conferenza stampa alla Camera affiancato dal Guardasigilli Alfonso Bonafede Di Maio torna a parlare dell’«emergenza corruzione», confermata dalle ultime inchieste in Lombardia e Calabria, e della «Tangentopoli mai finita». «Oggi da Nord a Sud – spiega – l’Italia è scossa da inchieste che riguardano associazioni per delinquere, appalti truccati, finanziamenti illeciti, corruzione e tangenti, nomine nella sanità. Non voglio accusare questa o quella forza politica, voglio fare un appello all’unità: alziamo un muro contro la corruzione, anche nel modo di gestire le nostre forze politiche. Da noi chi sbaglia è fuori in 30 secondi, fatelo anche voi».
Per il loro capo politico i Cinque Stelle sono un «Movimento di rompiscatole» che riesce «anche a fermare alcuni malintenzionati. Siamo stati noi a fermare quella norma sull’eolica che favoriva un prenditore a danno di tutti gli altri imprenditori. I rompiscatole salvano la faccia delle istituzioni». E «grazie al fatto che questi rompiscatole hanno la maggioranza assoluta in Cdm eviteremo al governo di fare come i precedenti di tenersi esponenti politici autori di comportamenti intollerabili», assicura. I toni si fanno però più concilianti, alla fin fine, sulla propsettiva di una crisi di Governo innescata dal “caso Siri”. «Non saremo noi ad aprire alcuna crisi di Governo», giura Di Maio, passando il cerino all’alleato: «Sono passate tre settimane, si poteva risolvere tutto in tre ore, con il passo indietro del diretto interessato….».
A sostegno della linea “no alla revoca, ma poi avanti con il governo” indicata dal leader del Carroccio si schiera nel pomeriggio anche il viceministro leghista alle Infrastrutture Edoardo Rixi, che non considera il caso Siri «un tema che possa far cadere il Governo». «Non ci frega niente di come voterà il M5S, il tema che può far cadere il Governo è l’eventuale blocco dei cantieri di Genova, Milano, Palermo o al centro Italia o se il M5s non ci fa ultimare le opere», mette in chiaro a margine di un evento a Genova: «Siamo al Governo per sbloccare le opere e far lavorare di più la gente, finché si andrà in questa direzione, bene». Intanto, i pm di Roma interrogano l’imprenditore Paolo Arata, indagato per corruzione per aver «promesso o dato» a Siri 30mila euro per emendamenti sugli incentivi per il mini-eolico.
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