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M5S stampella sempre più debole di Conte, costretto a convocare i renziani per mediare

divisi su tutto

Dalla regolarizzazione dei migranti al caso Di Matteo, il M5S è spaccato. E sconta la doppia fragilità del capo politico Vito Crimi e del capodelegazione Alfonso Bonafede

di Manuela Perrone

7 maggio 2020


4′ di lettura

Il sollievo per la risalita nei sondaggi è durato poco. Neanche il tempo di rinviare di qualche settimana la partita interna sul Meccanismo europeo di stabilità che il M5S ha dovuto fare i conti con una nuova doppia tempesta: le accuse del magistrato Nino Di Matteo al Guardasigilli Alfonso Bonafede e la nuova spaccatura sulla proposta di regolarizzazione dei migranti alla quale la ministra renziana Teresa Bellanova ha legato la sua permanenza al Governo. Quanto basta per costringere Giuseppe Conte a correre ai ripari.

Boss scarcerati, Bonafede annuncia un intervento legislativo

Il vertice di Conte con Italia Viva
C’è tutta la debolezza del Movimento dietro la mossa del premier di convocare la delegazione di Italia Viva giovedì 7 maggio alle 15. Un ramoscello d’ulivo sventolato già mercoledì in un’intervista all’Agi. «Non esiste alcuna ostilità nei confronti di un partito di maggioranza», ha replicato Conte alle accuse del coordinatore di Iv Ettore Rosato. Ma il gesto distensivo nasconde il timore che Matteo Renzi possa realmente fare ciò che minaccia, in primis votare la mozione di sfiducia a Bonafede annunciata dal leader della Lega, Matteo Salvini, e pronta a essere presentata in Senato. Non è l’unico tema su cui l’ex premier sembra marciare in asse con il Carroccio.

La bufera su Bonafede
Ecco perché è il premier a spendersi per ricomporre le fratture generate da un M5S allo sbando. Sul fronte giustizia, innanzitutto. Conte non può che difendere Bonafede, l’allievo a Firenze cui deve il suo debutto in politica e la sua stessa ascesa allo scranno più alto di Palazzo Chigi. Proverà a spegnere le tentazioni dei renziani di sfiduciarlo, contando anche sui dubbi nei gruppi parlamentari di Iv sulle mosse di Renzi. Ma allo stesso tempo deve aiutare il ministro della Giustizia a dare un segnale forte, accelerando sul nuovo decreto per riportare in cella i mafiosi scarcerati per l’emergenza Covid-19.

I malumori nel M5S
Il provvedimento è un segnale utile anche per sopire i sospetti e i malumori tra i Cinque Stelle, per nulla scalfiti dalla difesa di Bonafede nella videoriunione con i parlamentari di martedì sera. Di Matteo, magistrato simbolo dell’antimafia, da poco entrato al Csm, incarna per la maggior parte dei pentastellati l’ideale stesso di giustizia. Non gode della stessa stima il Guardasigilli. Quasi nessuno crede ai presunti condizionamenti dei boss come causa della mancata nomina di Di Matteo al Dap, ma di certo a Bonafede si imputa uno scarsissimo rapporto con deputati e senatori e la scelta sbagliata ai vertici dell’amministrazione penitenziaria di Francesco Basentini, culminata con il disastro della gestione delle carceri durante la pandemia, con le scarcerazioni dal 41bis di molti capi di Cosa nostra e infine con le sue dimissioni.

Critiche alla leadership Crimi-Bonafede
Sono in molti, adesso, a criticare la debolezza di Bonafede anche come capodelegazione del M5S. «Ma certamente non può essere sostituito in questa fase», ragiona un big del Movimento. «Bisognerà attendere almeno la fine dell’emergenza, come per Crimi». Eccola, la duplice gracilità ai vertici che finisce per indebolire i Cinque Stelle su tutti i tavoli, tanto che per molti aspetti è ancora il ministro degli Esteri Luigi Di Maio il vero punto di riferimento dei pentastellati al Governo.

 

 

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