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Manualetto per imparare a vivere in un regime autoritario, da Putin a Salvini

 

Posso raccontare, capitolo per capitolo, come sarebbe andata nei mesi e anni successivi. Potrei farne un manualetto, come attrezzarsi per imparare a vivere in un regime autoritario. Perché non arriva all’improvviso, avanza piano piano. Inizia dall’ampliamento di quella zona del lecito che permette di insultare un’immigrata di colore, o di dire “frocio” a un gay, in fondo, nulla di male. Tutto resta come prima, e dopo un paio di clamorose polemiche su frasi shock di qualche ministro ci si sveglia ed è tutto come prima, e ci si convince che in fondo sono solo chiacchiere, la vita va avanti, si lavora, si va a scuola, ci si vede al ristorante con gli amici, il tran tran della vita riprende inesorabile. Poi chiude un giornale (un partito, un think tank, una Ong), e tutti a dire «se la sono voluta», «non li leggeva (votava, filava) nessuno», «erano in bancarotta, è il mercato», e poi «erano ladri» e «non vorrai mica difendere questi che erano al soldo di Soros» (Macron, Israele, i rettiliani). Poi arrivano un paio di leggi contro la libertà di stampa, l’indipendenza dei giudici, i diritti individuali, per non parlare degli omosessuali, dei tossicodipendenti e degli accattoni, e «insomma, ci vuole un po’ di ordine», «si stavano permettendo troppo», «è una misura temporanea», «non voglio che i miei figli vedano queste cose».

A chi protesta si obietta che sono degli “esagerati”, e poi «non puoi chiamarli fascisti, non si possono usare alla leggera questi termini ormai superati». Sempre più persone, civili, moderate e intelligenti, a prendere prudentemente le distanze, in fondo sono impegnate in attività molto più serie che andare a votare insieme alla plebe, che tanto «quello vuole», anche perché chi potrebbe proporre un’alternativa non è entrato in parlamento (non ha più ricevuto finanziamenti pubblici, frequenze, cattedre, spazi in tv). Poi arriva il «in fondo si sta meglio, l’economia va forte», anche perché non c’è nessuno a spiegare che non è vero, o il prezzo che si pagherà a breve. Piano piano spariscono pezzi della vita abituale, un libro in meno, un confine in più, un obbligo o un divieto nuovo, ma sono minuzie, si può vivere anche senza, è solo stupidità di alcuni esponenti del governo, non puoi dedurne una tendenza globale. L’opposizione intanto litiga in nome della libertà, fino a frantumarsi in particelle infinitesimali ma irriducibilmente determinate a non sedersi a un tavolo con altre particelle altrettanto invisibili alle quali non si può perdonare un avverbio sbagliato pronunciato vent’anni prima.

Molte particelle si rassegnano e al motto di «la vita è una sola» vanno ad aggregarsi con il regime, del quale spesso diventano i difensori più sfegatati, come tutti i neoconvertiti. I personaggi che abitavano gli scantinati entrano nel governo e quello che veniva snobbato dalla gente per bene come delirio di pochi pazzi e ignoranti diventa regola. Poi subentra il «però almeno gliel’abbiamo fatta vedere, all’estero ci rispetteranno di più, ci siamo ripresi il nostro orgoglio». Poi si scopre che non c’è nemmeno bisogno di chiudere più nulla, perché tutti hanno capito cosa dire e cosa fare. La frase «non parliamone al telefono» torna di uso comune, insieme alle barzellette da raccontare a bassa voce ad amici fidati. La vita prosegue come prima, si va a lavorare, a scuola, al ristorante con gli amici. Per mantenere il lavoro bisogna qualche volta andare a una manifestazione per il governo, oppure stare zitti, «insomma, ci siamo capiti». Per finire la scuola tocca imparare la vita dei santi e a smontare e rimontare un kalashnikov, e pazienza se poi bisogna pagare le ripetizioni private perché la scuola prepara ad arruolarsi nell’esercito, ma non a essere concorrenziali nel mondo moderno. Al ristorante il menu si è accorciato, perché tra sanzioni, moneta in svalutazione e autarchia gastronomica, il governo ha deciso che cosa si può mangiare e cosa no. Ed è troppo tardi per cambiare idea, per dire no, non è più possibile.

https://www.linkiesta.it/it/article/2019/09/24/salvini-putin-sovranismo-populismo-renzi/43669/

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