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Marco Bussetti: “La priorità? Il contrasto all’abbandono, la scuola è lo strumento più potente per cambiare il mondo”

Il metodo in certi ambiti è tutto. C’è un metodo per studiare, ma c’è anche un metodo per insegnare. Al momento in Italia, secondo gli ultimi dati Eurostat, non viene fatto bene né uno né l’altro. Fondi limitati e abbandono scolastico degli studenti sono ferite sempre aperte, finite, però, sotto la lente del ministro dell’Istruzione Marco Bussetti e del suo dicastero: “Una delle priorità del mio incarico è il contrasto all’abbandono e alla dispersione scolastica. La scuola è lo strumento più potente per cambiare il mondo. È quindi importante che ogni giovane trovi nel percorso di studi la strada per costruire il proprio futuro”.

Ma non solo. A margine delle norme inserite nell’ultimo Def e dei fondi stanziati per il contrasto alla povertà educativa, il ministro leghista promette anche nuove riforme in materia stipendi: “Abbiamo certamente intenzione di procedere con il nuovo contratto di comparto. Dobbiamo riconoscere lo straordinario lavoro di chi opera ogni giorno nei nostri istituti, al fianco dei nostri ragazzi. E ci impegneremo per far sì che questo riconoscimento professionale si traduca in stipendi adeguati”.

Ministro Bussetti, i dati della Commissione europea sul 2018 parlano di un abbandono scolastico degli studenti italiani sempre molto alto?
Una delle priorità del mio incarico è il contrasto all’abbandono e alla dispersione scolastica. L’ho dichiarato sin dall’inizio del mio mandato. La scuola è lo strumento più potente per cambiare il mondo. È quindi importante che ogni giovane trovi nel percorso di studi la strada per costruire il proprio futuro. Come Ministero siamo impegnati a garantire a ogni bambino e ragazzo l’accesso a qualsiasi forma di istruzione in ogni ordine e grado, nel pieno rispetto del principio di uguaglianza sancito dalla nostra Costituzione. Questo vuol dire dare risposta a un loro bisogno primario. È per questo che siamo intervenuti, per esempio, con uno stanziamento di 50 milioni di euro per il contrasto alla povertà educativa minorile in scuole che si trovano in aree a rischio. Ma non possiamo fermarci qui: dobbiamo lavorare molto sull’orientamento. Perché ogni studente ha delle attitudini e il sistema di istruzione ha il compito di farle emergere.

Allo stesso tempo, l’Eurostat preannuncia un calo del numero di studenti che, in base alla normativa in vigore in Italia, comporterebbe la perdita di oltre 50 000 posti di insegnamento…
Non abbiamo alcuna intenzione di depotenziare il nostro sistema di istruzione. Il nostro obiettivo è offrire più tempo scuola e una maggiore offerta formativa ai nostri bambini e ragazzi. Potremo aumentare per esempio il tempo pieno al Sud. O, ancora, eliminare le classi cosiddette “pollaio”. Non possiamo arginare i cambiamenti in atto nelle nostre società, ma possiamo affrontare le sfide come opportunità. È quello che faremo.

Nel Def dello scorso 9 aprile, sono state inserite due norme mirate al contrasto dell’abbandono scolastico e all’arricchimento dell’offerta formativa. In cosa consistono?
Il Documento di economia e finanza delinea le priorità politiche del governo che verranno poi definite nella legge di bilancio. Come dicevo prima, il contrasto all’abbandono scolastico e l’arricchimento dell’offerta formativa sono due obiettivi che ci siamo posti sin dall’inizio della nostra esperienza di governo. Metteremo in campo tutte le misure necessarie per ottenere risultati significativi. Investire sui nostri giovani significa investire sul futuro del Paese.

Altra nota dolente sono gli stipendi degli insegnanti. È in programma un nuovo contratto nazionale per il corpo docente?
Abbiamo certamente intenzione di procedere con il nuovo contratto di comparto. Proprio nei giorni scorsi come governo abbiamo siglato un’importante intesa con i sindacati del mondo della scuola. Dobbiamo riconoscere lo straordinario lavoro di chi opera ogni giorno nei nostri istituti, al fianco dei nostri ragazzi. E ci impegneremo per far sì che questo riconoscimento professionale si traduca in stipendi adeguati. D’altra parte, mentre il Governo che ci ha preceduti sbandierava importanti risultati per quanto riguarda il contratto, è stato questo esecutivo che nella scorsa legge di bilancio ha stanziato i fondi necessari per evitare la riduzione degli stipendi dei pubblici dipendenti. Riduzione che era stata programmata a partire da gennaio 2019, sempre da chi ci ha preceduto. Abbiamo previsto inoltre risorse aggiuntive, più di 1,7 miliardi all’anno, per consentire da subito una ripresa della contrattazione dei vari comparti, Scuola compresa, e un nuovo adeguamento degli stipendi.

Lei si è sempre schierato contro la riforma “Buona Scuola”. Era davvero tutta da scartare?
Le riforme devono essere pensate e definite in termini migliorativi. Non per intestarsi dei cambiamenti o per un qualche vantaggio elettorale. Parliamo di un ambito delicato: la scuola non ha bisogno di scossoni, di strappi. Di imposizioni dall’alto. Per quanto riguarda la legge 107 del 2015, questo governo ha mantenuto ciò che c’era di buono, introducendo dei correttivi se necessari, e rimediato ad alcune innegabili storture. Un esempio: la chiamata diretta. Siamo intervenuti immediatamente, cancellandola. Si trattava di un meccanismo che non aveva funzionato. Per le immissioni in ruolo, invece, abbiamo provato a sanare i danni in alcuni casi irreversibili dovuti a quella norma. Gli insegnanti hanno sì ottenuto una cattedra dopo anni di precariato, ma molti sono stati costretti a spostarsi a centinaia di chilometri da casa, per colpa di un algoritmo. Noi abbiamo deciso di rivedere il sistema di reclutamento. Dando maggiori certezze ai docenti. E, infine, abbiamo apportato significative modifiche alla cosiddetta “Alternanza Scuola-Lavoro”, mettendo al centro di questa esperienza le competenze e l’orientamento. E puntando a garantire a tutti gli studenti percorsi di qualità. Ci siamo dati un metodo: agire strategicamente, per obiettivi precisi, dopo una fase di studio e confronto. Mettendo sempre al centro i ragazzi e il loro successo formativo.

La spesa per l’istruzione terziaria è la più bassa dell’Ue (0,3 % del Pil nel 2016, media UE 0,7 %). È preoccupato?
Sfido a trovare un Ministro, un Amministratore, un qualsiasi responsabile di questo settore che possa dirsi contento di scarsi investimenti in un ambito fondamentale come quello dell’istruzione e dell’educazione. Sappiamo che dobbiamo invertire una tendenza e dare ossigeno alle molteplici realtà formative del nostro Paese. E lo stiamo già facendo: con la legge di bilancio e con una serie di altre importanti misure stiamo destinando risorse a scuole, atenei ed enti di ricerca, affinché possano lavorare al meglio. Ma i finanziamenti da soli non bastano: serve un piano strategico che coinvolga anche altri ambiti della nostra società per far sì che la conoscenza possa essere effettivamente e sempre più motore di sviluppo del nostro Paese.

Recentemente ha sottolineato il fatto che “a scuola tuteliamo gli studenti immigrati, ma prima i nostri figli”…
Ho detto una cosa ben diversa, rispondendo a un’intervista che riguardava l’andamento demografico in Italia e il suo riflesso sul nostro sistema di istruzione. La scuola è il luogo principale di inclusione della nostra società. Uno dei miei primi atti da Ministro è stato insediare l’Osservatorio dedicato al MIUR proprio per migliorare la qualità dei percorsi di studio e della vita a scuola di ogni studente. Questo governo è impegnato a garantire a ogni bambino e ragazzo una formazione di qualità. Perché da questa dipende il domani del Paese.

https://www.linkiesta.it/it/article/2019/05/02/bussetti-istruzione-ministro-scuola-insegnanti/41985/

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