Oltre alla giurisdizione sul caso, il Tribunale è anche chiamato ad accertare le eventuali responsabilità dei fanti di Marina Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, ultima tappa della procedura arbitrale avviata dal governo Renzi nel giugno del 2015.L’udienza – a porte chiuse, ad eccezione degli interventi introduttivi degli ambasciatori dei due Paesi – durerà due settimane, fino al 20 luglio,<b/>ma la sentenza arriverà, in base alle norme procedurali, entro sei mesi
di Vittorio Nuti
3′ di lettura
I marò del reggimento San Marco Massimiliano Latorre e Salvatore Girone «sono funzionari dello Stato italiano», impegnati nell’esercizio delle loro funzioni «a bordo di una nave battente bandiera italiana» e «in acque internazionali», e pertanto «immuni dalla giustizia straniera». Questa la linea espressa dall’ambasciatore Francesco Azzarello aprendo all’Aja l’udienza al Tribunale arbitrale internazionale e spiegando le ragioni per cui l’Italia rivendica la giurisdizione sul caso della morte dei due pescatori indiani, scambiati per pirati, nel febbraio del 2012 al largo del Kerala.
Oltre alla giurisdizione, il Tribunale è anche chiamato ad accertare le eventuali responsabilità dei due marò (su cui in Italia pendono anche un procedimento civile e uno militare), ultima tappa della procedura arbitrale avviata dal governo Renzi nel giugno del 2015 in base alla Convenzione Onu sul diritto del mare. Dal 2014, dopo aver scontato un lungo periodo di carcere preventivo e gli arresti domiciliari in India presso l’ambasciata italiana a New Delhi i due fucilieri si trovano in Italia in attesa della conclusione del giudizio di arbitrato, privati del passaporti e con l’obbligo di firma.
«Agli occhi dell’India non c’è presunzione di innocenza: i marò erano colpevoli di omicidio ancora prima che le accuse fossero formulate», ha sottolineato nel suo intervento Azzarello, ricordando che in India «ci sono stati ingiustificabili rinvii del processo» e «sono state inventate speciali procedure, in violazione con la stessa Costituzione indiana». Rilevante, per inquadrare il caso, anche l’aspetto umanitario, perchè «alla fine di questo arbitrato, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone saranno stati privati, a vari livelli, della loro libertà senza alcuna imputazione per otto anni».
Quanto alle famiglie dei due pescatori, Ajeesh Pink e Valentine Jelastine, l’Italia si impegna a «facilitare la loro partecipazione e rappresentanza» in qualunque procedimento successivo, nel caso la Corte dell’Aja riconosca la giurisdizione italiana. Corentemente poi con il « percorso di normalizzazione» delle relazioni tra Roma e New Delhi «dopo anni di tensioni», che ha permesso il rientro in patria dei due marò in attesa dell’arbitrato, l’ambasciatore italiano ha espresso l’auspicio di una sentenza che «risolva pienamente e in modo definitivo la disputa» sulla giurisdizione del caso.
«L’Italia sostiene di avere l’esclusiva giurisdizione» sulla vicende dei marò, «ma bisogna tenere a mente che l’India e due suoi pescatori sono le vittime
di questo caso», ha ricordato invece alla corte il rappresentante di Delhi, G. Balasubramanian. «Due esseri umani a bordo di una barca indiana sono stati uccisi da individui che erano su una nave commerciale», ha aggiunto, e l’Italia «ha infranto la sovranità indiana nella sua zona economica esclusiva». Secondo il Governo indiano i due marò al centro del procedimento arbitrale hanno «sparato con armi automatiche contro un peschereccio indiano, il St. Antony, che aveva pieno diritto a operare in quell’area senza» il timore di «essere fermato, essere oggetto di spari e avere due dei suoi membri di equipaggio uccisi». Il caso, ha concluso Balasubramanian, deve quindi essere «materia di tribunali nazionali e non dell’arbitrato internazionale» il cui mandato «si limita all’interpretazione e all’applicazione» della Convenzione dell’Onu sul diritto del mare (Unclos).
https://www.ilsole24ore.com/art/caso-maro-italia-rivendica-giurisdizione-l-india-sono-gia-colpevoli-AC6aFLX