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Mattarella batte Salvini cinque a zero

Primo: perché ha reso parlamentare una crisi che non lo era. Giuseppe Conte non è mai stato sfiduciato, finora. Né, mai, il governo è finito sotto, nemmeno nei momenti di massima tensione tra Lega e Cinque Stelle, nemmeno quando una delle due parti si è sfilata. Non quando la Lega ha deciso di non votare Ursula von der Leyen a presidente della Commissione Europea, così come aveva deciso l’esecutivo. Non quando il Movimento Cinque Stelle ha deciso di andare contro il suo presidente del consiglio presentano una mozione contro la Tav. Di fronte alle parole di Salvini, alla sua richiesta di pieni poteri, Giuseppe Conte, imbeccato dal Quirinale, non si è scomposto, né dimesso, ma ha chiesto di essere sfiduciato in Parlamento. In questo modo, ha allungato i tempi della crisi, evitando un’accelerazione verso il voto anticipato. E ha riportato la crisi di governo dentro l’alveo di un iter parlamentare: la maggioranza cade nell’emiciclo, ed è nell’emiciclo, nel caso, che si cercano maggioranze nuove. Uno a zero.

Secondo: perché ha disinnescato la trappola della riforma costituzionale. Ci ha provato Matteo Salvini, imbeccato da Giulia Bongiorno, a mettere nel sacco il Quirinale. Proponendo l’approvazione immediata del taglio dei parlamentari e un voto con le vecchie regole, per evitare i sei mesi (minimo) di latenza della riforma costituzionale. Peccato che Mattarella avesse già mangiato la foglia da settimane e avesse già detto pubblicamente che se la riforma fosse stata approvata sarebbe stato impensabile andare a votare con le medesime regole. Salvini è stato sfidato sul terreno dello scontro istituzionale e, per ora, si è tirato indietro. Due a zero.

Terzo: perché ha dettato i tempi della discussione. Salvini ha provato pure a giocare la carta dei tempi. Prima si approva la riforma costituzionale, ha proposto, poi si discute di Conte e del governo. Evidente, in questo senso, il tentativo di mettere subito sotto scacco la nuova maggioranza Pd-Cinque Stelle. Fosse andata così, i Cinque Stelle non avrebbero avuto più alibi per non terminare anzitempo la legislatura. E il Pd non avrebbe più potuto scendere a patti con una forza politica così inaffidabile, da rompere un patto di legislatura per andare dietro alle sfide mediatiche del Capitano. Di Maio, peraltro, c’era pure cascato nel tranello, disconoscendo quanto detto poco prima dal suo capogruppo al senato Stefano Patuanelli e pubblicando un post su Facebook in cui si diceva disposto a votare prima la riduzione dei parlamentari, e poi di discutere della crisi e di Conte. Che sia stato un errore o un tentativo in extremis di tenere in piedi la maggioranza gialloverde, è stato subito bloccato da Mattarella, per interposto presidente della Camera Roberto Fico, che ha imposto il principio per cui la crisi prevale su tutto. Prima si decide delle sorti del governo. E poi si vota la riforma costituzionale. Tre a zero.

https://www.linkiesta.it/it/article/2019/08/14/mattarella-salvini-crisi-di-governo-come-finisce/43217/

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