Dimenticate Salvini contro Di Maio, governo contro opposizione, tecnici contro politici. Se volete capire cosa sta succedendo nella politica italiana dovete concentrarvi sui due unici, veri duellanti: quello che sta al Viminale, che ha il 37% dei consensi e che, se volesse, potrebbe staccare la spina al governo in ogni momento e prendersi tutto. E quello che sta al Quirinale, che ha il potere di sciogliere le Camere e decidere se si deve tornare al voto o se esiste una nuova maggioranza in grado di far continuare la legislatura.
Parliamo di Salvini e di Mattarella, ovviamente, le cui agende configgono dal giorno zero di questa maggioranza, quello in cui Paolo Savona fu clamorosamente bocciato dal Colle come ministro dell’economia gialloverde. Fu subito chiaro, allora, quale fosse la posta in gioco: Mattarella sapeva di non poter bloccare al via l’esperimento del governo nazional-populista, che anzi riteneva necessario per romanizzare i barbari e togliere alle due forze anti-sistema dell’ultimo decennio, trionfatrici nelle urne il 4 marzo, l’alibi della perenne opposizione. Sapeva anche, tuttavia, che con Pd e Forza Italia moribondi sarebbe stato lui e solo lui l’argine a una deriva anti-europea che la nomina di Savona pareva suggerire. Quel No, pur nelle prerogative del Capo dello Stato, fu un messaggio inatteso e chiaro: potete governare, ma non pensate di comandare. Messaggio arrivato a destinazione, insieme alla nomina del mite professore Giovanni Tria al dicastero di via XX Settembre.
Quella battaglia è stato l’antipasto, tuttavia. L’ossessione di Mattarella ha infatti tempi più lunghi: quelli della sua successione, prevista a cavallo tra il 2021 e il 2022. Tutto vuole, il presidente, tranne che a eleggere il nuovo inquilino del Colle sia un parlamento a maggioranza leghista, cosa che presumibilmente si verificherebbe, si andasse a votare oggi. Il rischio è quello di un nuovo caso Savona, di una candidatura sovranista e anti-europeista per la Presidenza della Repubblica, che Mattarella, in questo caso, dovrebbe accettare obtorto collo. Il sogno, dalle parti del Quirinale, è di segno opposto e ha il nome e il cognome di Mario Draghi, presidente uscente della Banca centrale Europea, allievo di Ciampi, custode e garante assieme della stabilità dei conti pubblici e dell’europeismo italiano, contrappeso perfetto, negli anni a venire, di ogni maggioranza sovranista.
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