Le critiche espresse dal presidente Steinmeier nei confronti della decisione di porre la Capitana della Sea Watch 3 agli arresti domiciliari si inseriscono in un filone, quella della gestione dei flussi secondari, che a ottobre ha già visto i due paesi coinvolti in un duro spalla a spalla
di Andrea Carli
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Il pressing a tutto campo della Germania sull’Italia sulle politiche di gestione dei flussi migratori promosse dall’esecutivo giallo verde continua. Il primo tempo della partita è quello che a ottobre ha visto i due paesi spalla a spalla sui cosiddetti “Dublinanti” (o movimenti secondari), ovvero gli stranieri che si registrano nei paesi in cui sono sbarcati – in questo caso l’Italia – e poi raggiungono, oltre alla Germania, Francia, Austria, Belgio, Olanda. Qui presentano domanda d’asilo.
Berlino ha cercato di stringere un patto con il governo italiano, come ha fatto ad esempio con Grecia e Spagna, che prevedesse regole certe per i respingimenti secondari, ma Roma – e in particolare il ministro dell’Interno Matteo Salvini – hanno sempre respinto le proposte del ministro tedesco Horst Seehofer e l’intesa, alla fine, non è mai stata raggiunta.
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Ora, con il botta e risposta a distanza delle ultime ore tra il ministro dell’Interno Matteo Salvini da una parte, e il presidente federale e il ministro degli Esteri tedesco dall’altra sul caso della comandante della Sea Watch 3, la tedesca Carola Rackete, allo stato attuale agli arresti domiciliari con l’accusa di violenza e resistenza contro una nave da guerra e resistenza a pubblico ufficiale, lo scontro si è riacceso. I tedeschi hanno criticato l’arresto della connazionale, e ne hanno chiesto la liberazione. La Germania accoglierà circa un terzo dei migranti della Sea Watch.
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