“Draghi è andato a parlare in Europa. Aver messo su tavolo dell’Ue il problema delle migrazioni è importante, occorre far sentire la nostra voce. Credo che con autorevolezza non solo del premier, ma delle azioni poste in essere stiamo dimostrando che ci può essere una migrazione sostenibile e umano, ma nello stesso tempo deve avere delle regole”. Lo dice la ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese, dopo avere presieduto il Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica alla Prefettura di Palermo.
“Basterebbe che ci fosse una ricollocazione facoltativa, ma con quote obbligatorie” afferma la ministra. “In questi mesi – aggiunge – sono stata a Parigi la scorsa settimana a Tunisi proprio per cercare di valorizzare l’accordo di Malta che non ha dato i risultati gli sperati. Ci sono alcuni Paesi che non accetteranno la ricollocazione facoltativa con quote obbligatorie. Ci deve essere una migrazione sostenibile e umana con regole. Sono ottimista su soluzioni da trovare con Tunisia”.
“Dalle ong- sottolinea Lamorgese – mi aspetto collaborazione e credo che sul solco dei rapporti già avviati continueremo in questi termini. Domani spero che sia una riunione concreta e fattiva, ma soprattutto di rinnovo di collaborazione”.
“Abbiamo parlato oggi delle possibili infiltrazioni delle mafie nelle risorse che arriveranno sui territori e di tutta l’attività posta in essere dal governo anche nel 2020 per quanto riguarda i ristori che dovevamo arrivare nell’immediatezza, senza rinunciare ai controlli antimafia. Abbiamo rilevato – prosegue – che le mafie hanno una grande capacità di adattamento e di infiltrarsi nei sistemi di economia legali. La ripresa può avvenire solo nella legalità, altrimenti non è ripresa “.
“Sono andata in Tunisia con cui abbiamo stabilito una proficua collaborazione anche in termini di flessibilità per i rimpatri: l’accordo funziona, facciamo circa 80 rimpatri a settimana, perché la Tunisia è un Paese sicuro. L’accordo generale prevede anche un partenariato da parte dell’Ue per far risollevare le sorti economico-finanziarie e sociali della Tunisia, perché da la’ si parte. Se i tunisini partono rischiando anche la vita è perché ritengono di non avere una vita dignitosa nel loro Paese”.
Fonte Ansa.it