Divisi su tutto quando si parla di politiche di gestione dei flussi migratori, a cominciare da quella di chiusura dei porti alle navi delle ong che soccorrono le persone in mare – leitmotiv del responsabile del Viminale -sui cosiddetti “corridoi umanitari” invece le posizioni di Matteo Salvini ed Elisabetta Trenta, il primo ministro dell’Interno, la seconda responsabile della Difesa, “stranamente” convergono.
La strana convergenza Salvini-Trenta sui corridoi umanitari
In occasione di un incontro in prefettura a Milano alla fine del mese scorso, il leghista ha annunciato l’arrivo all’aeroporto di Pratica di Mare, con un volo da Misurata, in Libia, di «150 uomini e donne in aereo dalla Libia certificati. Sono in fuga dalla guerra con un corridoio umanitario organizzato dal ministero dell’Interno – ha aggiunto – perché è così che si arriva in Italia, non con barchini o barconi o trafficanti di esseri umani. È la riprova che le porte dell’Italia sono spalancate per donne, bambini, ragazzi che scappano davvero dalla guerra e che vengono accolti con tutti i crismi». «Bene il collega Salvini sul corridoio umanitario dalla Libia organizzato dal governo, con la partecipazione anche della Difesa – è stato il commento di Trenta, ministro espressione di M5S –. Bene che si sia dunque ricreduto e che abbia cambiato idea. Giorni fa avevo ricevuto attacchi solo per aver detto – ribadendo semplicemente un principio del diritto internazionale – che chi fugge da una guerra può richiedere lo status di rifugiato. Solo per questo sono stata insultata senza precedenti e mi auguro che il ministro Salvini riconosca ora l’importanza delle mie parole».
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Che cosa sono
La formula dei corridoi umanitari, per dirla in estrema sintesi, consiste nel far entrare in Italia a bordo di voli di linea rifugiati che versano in condizioni di particolare vulnerabilità ed evitare così i barconi nel Mediterraneo. I vantaggi sono tre: vengono evitate le tragedie del mare, intaccati gli interessi economici dei trafficanti di esseri umani e garantito un ingresso legale in Europa. In Italia il progetto pilota è stato avviato a febbraio 2016 su iniziativa della Comunità di Sant’Egidio, della Federazione delle Chiede Evangeliche in Italia e della Tavola Valdese. Ora il modello dei corridoi umanitari potrebbe diventare condiviso tra i partner europei. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, si è detto favorevole alla proposta di un corridoio umanitario europeo in Libia avanzata dalla Comunità di Sant’Egidio insieme alla Federazione delle Chiese evangeliche. Dal novembre 2017 a gennaio 2019 -rileva l’indagine della Caritas dal titolo “Oltre il mare” – sono entrate in Italia con un visto umanitario 498 persone provenienti dai campi profughi di Etiopia, Giordania e Turchia (200 bambini).
Il nuovo protocollo
A dimostrare che si sta andando in quella direzione è la sottoscrizione al Viminale, la settimana scorsa, di un nuovo protocollo, con validità biennale (2019 e 2020), per l’apertura di questi canali. Il protocollo, che rinnova quello concluso nel gennaio 2017, ne estende l’applicazione, oltre che all’Etiopia, anche alla Giordania e al Niger. Tra i firmatari dell’intesa, il ministero dell’Interno, quello degli Affari esteri, la Comunità di Sant’Egidio e la Conferenza Episcopale Italiana.
In arrivo 600 richiedenti asilo
L’accordo prevede l’arrivo in Italia di 600 richiedenti asilo. Si tratta di persone vulnerabili (famiglie con bambini, malati, donne a rischio di tratta), che vivono attualmente in campi profughi e altre sistemazioni precarie, appartenenti per lo più a nazionalità del Corno d’Africa, dell’Africa sub sahariana e anche della Siria. I volontari prendono contatti diretti con i rifugiati nei paesi interessati dal progetto, predispongono una lista di potenziali beneficiari da trasmettere alle autorità consolari italiane che, dopo il controllo da parte del Viminale, rilasciano dei visti umanitari con validità territoriale limitata. Dopo il loro arrivo, che avverrà in modo legale e sicuro, i richiedenti asilo verranno accolti in diverse regioni italiane e sarà avviata la loro integrazione, a partire dall’apprendimento della lingua e della scolarizzazione dei minori, secondo un progetto totalmente autofinanziato grazie all’8xmille della Chiesa Cattolica e a una raccolta fondi della Comunità di Sant’Egidio.
Il rapporto della Caritas: status di rifugiato per nove persone su dieci
Stando al rapporto della Caritas, che fa il punto sul protocollo sottoscritto nel 2017 fra la Cei, la Comunità di Sant’Egidio e il governo italiano, i 500 richiedenti protezione internazionale giunti in Italia (vittime di tratta, violenza, tortura), fra cui 106 nuclei familiari, hanno trovato accoglienza in 47 Caritas diocesane, 17 regioni e 87 comuni. Il 97% delle persone ha ottenuto lo status di rifugiato e il 3% la protezione sussidiaria. Tutti i minori in età scolare sono stati inseriti a scuola. Il 30% dei beneficiari è stato inserito in corsi di formazione professionale e in 24 hanno trovato impiego.
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