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Ministri ambientalisti contro industrialisti, così la trattativa del governo su Ilva rischia di saltare

C’è un nuovo giallo nella tormentata vicenda dell’ex Ilva. Stavolta, secondo quanto era trapelato, il governo Conte era a un passo dalla chiusura di un nuovo accordo con Arcelor Mittal, ancora informale ma diretto, addirittura senza il coinvolgimento dei sindacati, che saranno chiamati a negoziare con il vincolo di trovare un accordo entro maggio. L’intesa informale governo-Arcelor prevederebbe un serio sforzo da parte dello Stato (all’incirca 2 miliardi) perché questa appare la soluzione più credibile se si vuole tenere dentro la gestione dell’impianto tarantino il colosso indiano e non chiudere gli stabilimenti.

Ma il documento che doveva restare top secret è finito inopinatamente sul tavolo del sindaco di Taranto Rinaldo Melucci che ha subito fatto opposizione bloccando tutto con un’ordinanza. Ma chi ha avvertito il sindaco? Il sospetto è che dietro ci sia la mano di Michele Emiliano. E allora chi ha informato il Governatore pugliese? Qui comincia la caccia ai ministri sospettati di essere la quinta colonna nel governo del partito anti-accordo, dato che da tempo si è capito che la vicenda dello stabilimento tarantino è la cartina di tornasole che evidenzia una antica e consolidata divisione – diciamola rozzamente – fra industrialisti e ambientalisti, fra quelli che cercano un accordo con Arcelor pur a condizioni difficili, soprattutto dal punto di vista occupazionale (si parla di 2000 lavoratori in esubero) e quelli che non vedono di buon occhio una soluzione che prolunghi la mission dell’ex Ilva nella produzione di acciaio.

Se si vuole essere schematici, si potrebbe dire che nel governo l’ala produttivistica è rappresentata da Roberto Gualtieri e Stefano Patuanelli, con l’aggiunta della ministra del lavoro Nunzia Catalfo, mentre gli “ambientalisti“ sono Peppe Provenzano e Francesco Boccia, da sempre molto vicino a Emiliano e Melucci. Quest’ultimo, come detto, aveva emanato un’ordinanza che chiede a Arcelor ulteriori verifiche sulle emissioni «entro trenta giorni» con il rischio di determinare, alla fine, la chiusura degli impianti.

Pronta la risposta dell’amministrazione dell’ex Ilva, che ha impugnato l’ordinanza del sindaco Melucci giudicata «illegittima, inappropriata e sproporzionata». Viene da pensare che Melucci abbia emanato l’ordinanza puntando sulla dilazione temporale di una quasi certa impugnativa davanti al Tar.
Rimpalli giudiziari e politici che dal 2012 hanno reso la vicenda un caso di scuola emblematico, il cui titolo potrebbe essere «cosa non fare per realizzare una politica industriale sostenibile».

Insomma, qualcuno ha scagliato un siluro in grado di affondare la pre-intesa alla quale avevano lavorato in sintonia Gualtieri e i due ministri cinquestellati Patuanelli (il più “di governo” della compagnia di Di Maio) e la Catalfo, non senza, ovviamente, la supervisione di Giuseppe Conte, ansioso di portare a casa un risultato positivo su un dossier che nessuno riesce a chiudere.

C’è da chiedersi piuttosto perché Emiliano continui a ostacolare la trattativa, e la risposta non è difficile: vorrebbe arrivare al voto di fine maggio con la questione-Ilva ancora aperta, ottimo spartito su cui suonare la sua grancassa elettoralistica. Ma se fosse confermato che i ministri Boccia e Provenzano, anche se per ragioni di merito e di principio, avrebbero “armato la mano” del sindaco di Taranto tramite Emiliano, saremmo dinanzi a un problema politico serio. Il caos continua, è il tempo per una soluzione è tutt’altro che infinito, l’Ilva non aspetta le contraddizioni nel governo.

https://www.linkiesta.it/it/article/2020/02/29/ilva-accordo-governo-emiliano/45624/

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