Il sì al Senato del decreto passa anche grazie a un ordine del giorno che impegna l’esecutivo a tutelare i profili umanitari nell’azione della Guardia costiera di Tripoli
di Marco Ludovico
8 luglio 2020
4′ di lettura
Il rischio di un grave incidente politico è rimasto altissimo fino all’ultimo . Poi, alla fine, l’ok al decreto missioni è arrivato in Senato non senza malumori e frizioni nella maggioranza. Il punto cruciale era il finanziamento dell’impegno militare in Libia. Ha scatenato, come non mai, lacerazioni e conflitti tra i partiti di governo e all’interno di Pd e M5S.
L’esecutivo è stato a un passo dall’andare sotto: un precipizio per la sorte dei ministri guidati da Giuseppe Conte. Ma un ordine del giorno di Iv presentato da Laura Garavini, presidente della commissione Difesa, ha salvato il salvabile e ricucito gli strappi. Almeno per ora.
La missione in Libia
Il provvedimento sulle missioni messo a punto dal ministro della Difesa, Lorenzo Guerini – ieri in visita in Turchia anche per ottenere le massime garanzie da Ankara sugli equilibri nel Mediterraneo e sulla Libia in particolare – prevede il rifinanziamento e la proroga per quest’anno della partecipazione di un contingente di militari della Guardia di Finanza e dell’Arma dei Carabinieri alla missione bilaterale di assistenza alla Guardia Costiera della Marina militare libica. L’obiettivo è «fronteggiare il fenomeno dell’immigrazione clandestina e della tratta di esseri umani tramite l’addestramento» dei militari libici. Un profilo di intervento senza dubbio divisivo all’interno della compagine di maggioranza. E le ultime cronache sulle violazioni gravissime dei diritti umani nei campi profughi in Libia hanno accentuato le contrapposizioni.
La strategia di Iv
I dem in fibrillazione, i grillini idem se non di più, Leu con una posizione nota fin dall’inizio: sembrava l’inizio autentico della fine dell’esperienza giallorossa. I segnali, ripetuti, si vedevano da giorni. La presidente della commissione Difesa, a quel punto, ha preso l’iniziativa. Ha trovato la firma unitaria di Pd e M5S su un ordine giorno dal valore politico indubbio. Porta, infatti, la firma di Vito Petrocelli (M5S, presidente commissione Esteri), Vito Vattuone (Pd, capogruppo e relatore in commissione Difesa ), Fabrizio Ortis (M5S, capogruppo in commissione Difesa), Alessandro Alfieri (Pd, capogruppo commissione Esteri), Marinella Pacifico (M5S, relatore in commissione Esteri). Tutti i protagonisti, insomma, del provvedimento missioni del governo. Il testo, firmato e approvato dall’aula del Senato con 147 voti favore, 124 astenuti e nessun contrario, è stato un calmante per le ferite della maggioranza.
Azione in due mosse
Nell’odg si riconosce una strategia di fondo dove la Libia resta snodo cruciale degli interessi italiani. Premesse e considerazioni iniziali sono in linea con la visione più illuminata all’interno del governo. «Priorità strategica del nostro Paese continua a essere il sostegno alla stabilizzazione della Libia e al Governo internazionalmente riconosciuto di Al Sarraj, anche attraverso la lotta al terrorismo e il contrasto ai traffici illegali, unitamente all’impegno si legge nel testo – nelle opportune sedi diplomatiche, affinché la Libia attivi politiche di innalzamento della tutela dei diritti umani e capacità di costruire istituzioni democratiche».
E ancora: «Da aprile 2019 imperversa in Libia una guerra conclamata anche a causa del crescente coinvolgimento militare degli attori regionali (in particolare Russia, Emirati Arabi Uniti ed Egitto opposti a Turchia e Qatar) che sta mettendo seriamente a rischio – sottolinea l’odg – l’integrità dello Stato libico, la sicurezza di milioni di cittadini e la stabilità dell’intera regione, nonché il controllo delle coste e dei traffici di esseri umani verso l’Italia e l’Europa e gli approvvigionamenti energetici».
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