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Parlano con i giornali, riempiono le pagine, non dicono niente: sono Di Maio e Conte

Questa mattina una densa pagina di intervista a Luigi Di Maio sul Corriere della Sera. Ieri due fitte pagine di chiacchierata con Giuseppe Conte sul Foglio e una lunga lettera di Di Maio a Repubblica. Una grande opera letteraria sul nulla. Per dirla alla Fortebraccio, parlano con i giornali, riempiono le pagine, non dicono niente: sono Di Maio e Conte.

Da questo forsennato tiktok, postato non sul social degli amati cinesi ma sulla carta degli odiati giornali di cui in diversi momenti si sono augurati la chiusura, abbiamo appreso che Di Maio e Conte non hanno idea di che cosa stanno parlando e che parlano e straparlano soltanto per cercare di contenere la figuraccia sulla Libia e sull’Iran, anche se con queste interviste e con questa lettera ci hanno regalato la profondissima analisi secondo cui quelli mediorientali sono «scenari molto complessi» su cui a garanzia di tutti noi entrambi resteranno «molto vigili». Di Maio, inoltre, ha anche molto a cuore «le milioni di persone» che sono scese per strada a «celebrare» la morte di un sanguinario miliziano iraniano, cosa che ci consente di scoprire che nell’epoca dei dilettanti allo sbaraglio “milioni” è un sostantivo femminile e “commemorare” un verbo elitario.

Mentre i retroscena, ancora oggi, raccontano di un vertice intenso a Palazzo Chigi tra il ministro degli Esteri e il presidente del Consiglio, al Corriere della Sera Di Maio ha negato ogni frizione con Conte: «Non provate a metterci l’uno contro l’altro, perché non è così», salvo che sono il suo staff e quello del premier a passare informazioni sull’inadeguatezza dell’uno e dell’altro, avendo peraltro ragione entrambi.

In tutto questo, ci sono tre senatori dissidenti dei Cinque stelle, quindi contrari a Di Maio e probabilmente favorevoli a Conte, che hanno scritto un documento per ribadire che il movimento grillino è una «forza profondamente riformista capace di confrontarsi con tutte le forze progressiste» ma che però «interloquisce e dialoga con le migliori espressioni dell’area culturale sovranista». Un delirio neo, ex, post ideologico reso ancora più grottesco dal fatto che uno dei tre dissidenti «profondamente riformisti capace di confrontarsi con tutte le forze progressiste» è quello stesso Emanuele Dessì che da candidato si scoprì essere amico di uno Spada di Ostia e nemico di un rumeno che aveva incontrato per strada.

https://www.linkiesta.it/it/article/2020/01/10/dimaio-conte-interviste/45012/

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