“Supererò le correnti gravitazionali, lo spazio e la luce per non farti invecchiare”, canta Franco Battiato. Ed è anche il motivo che recita Nicola Zingaretti, passeggiando avanti e indietro per i lunghi corridoi del Nazareno, con una sola ossessione: cancellare le correnti per non far morire (altroché invecchiare) il Partito Democratico. Un’operazione che, alla luce dei fatti, si sta dimostrando di una difficoltà titanica, dato che le correnti, nella galassia del Pd, non sono affatto in via di estinzione. Anzi, godono di buonissima salute (loro) e sono letteralmente esplose dopo le primarie che hanno incoronato il governatore del Lazio.
Correnti di maggioranza, correnti di minoranza, aree più riformiste, quelle più di centro, quelle più di sinistra. Alcuni sono arrivati a definirle “sensibilità“, con acrobazie lessicali degne dei più fantasiosi linguisti. Di fatto, il loro funzionamento e il motivo per cui esistono è molto semplice, più banale di quel che si pensi, specialmente in questa fase. Come noto, la legislatura può finire da un momento all’altro e, quando succederà, toccherà a Zingaretti fare le liste. Ogni potentato dem andrà a sedersi al tavolo del segretario per spuntare qualche posto al sole e i parlamentari, specie quelli in cerca d’autore, stanno provando a posizionarsi, ognuno nella corrente che più si addice alle proprie inclinazioni politiche. Un sistema di affiliazione di potere, né più né meno.
È questo il motivo per cui le aree si moltiplicano, sia nella maggioranza zingarettiana, sia al suo esterno. E allora partiamo proprio dal nuovo segretario per cercare di tratteggiare la nuova geografia politica del partito più caotico d’Italia.
Legata direttamente a Zingaretti è la stragrande maggioranza dei membri della nuova segreteria, dal fedelissimo Marco Miccoli al responsabile Organizzazione Stefano Vaccari, da Andrea Martella ad Enzo Amendola, da Peppe Provenzano fino alla vicesegretaria Paola De Micheli. Tra i parlamentari, oltre a quest’ultima, ci sono Valeria Fedeli, Monica Cirinnà e Enza Bruno Bossio. Roberto Mosassut e Walter Verini rappresentano invece il legame con uno dei riferimenti storici di Zingaretti, quel Walter Veltroni che però si tiene sempre ben a distanza. Sempre in quota di maggioranza, poi, vi sono i grandi sponsor di Zingaretti al congresso, da Dario Franceschini a Paolo Gentiloni, da Andrea Orlando a Gianni Cuperlo.
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