Il sonno della ragione genera mostri. C’è uno strano retrogusto di follia collettiva, dentro questa crisi di governo. Uno di quegli incantesimi politici che spingono individui razionali a fare scelte assurde e autolesioniste, in nome di chissà quale principio. Se oggi Matteo Salvini domina la politica italiana, banalmente, è perché è l’unico leader politico che fa quel che gli conviene, senza guardare troppo alla forma. L’ha fatto quando ha deciso di formare il governo gialloverde insieme al Movimento Cinque Stelle. L’ha fatto cannibalizzandone l’azione politica. L’ha fatto puntando tutto sulle elezioni europee, trasformandole in un referendum sulla sua figura, nel momento di massima ascesa. L’ha fatto oggi, decidendo di investire tutto il consenso accumulato dalla Lega in un anno e mezzo di governo, per prendersi tutto, o attraverso un rimpasto, o attraverso il voto.
Lo ammettiamo, molto candidamente. Pensavamo – e un po’ pensiamo ancora – che Salvini non voglia davvero puntare tutte le sue fiches sul ritorno alle urne, che sia semplicemente un bluff ottimamente congegnato, che alla fine sia solo un modo per prendersi definitivamente il governo, attraverso un super-rimpasto. In ogni caso, è un bluff che il Capitano può permettersi, perché è l’unico che dalle elezioni avrebbe tutto da guadagnare, visto che con ogni probabilità passerebbe da un quinto dei parlamentari alla maggioranza assoluta, o quasi. Pensiamo che sia un bluff perché l’alleanza con i Cinque Stelle è l’alchimia perfetta per governare facendo crescere il proprio consenso, grazie all’imperizia politica dei colleghi pentastellati e al gioco di sponda interno alla maggioranza che minimizza gli spazi di manovra dell’opposizione e riduce tutta la dialettica all’interno del governo.
Non solo: Salvini sa bene che Di Maio è finito, se cade il governo Conte. Che è finito pure lo stesso Conte. E che buona parte dei parlamentari del Movimento dovrebbero salutare anzitempo l’emiciclo, con la certezza di dover fare i conti con un consenso che in poco più di dodici mesi si è più che dimezzato. Quelli che non sembrano saperlo, sono proprio i Cinque Stelle come Di Maio, che sono finiti nel trappolone di Salvini con tutti e due i piedi. E che oggi osservano la crisi con il distacco degli atarassici, come se il Movimento non stesse andando incontro a una catastrofe elettorale, quasi come fosse la giusta punizione.
Lo stesso vale per il Partito Democratico, ormai vittima incurabile della sua autoreferenzialità, che anche in una fase grave come quella attuale sta riuscendo nell’impresa di badare solamente al proprio orticello, come se degli scazzi tra Renzi e Zingaretti importasse davvero qualcosa a qualcuno oltre che a loro, come se i guai del Pd a ritrovare un elettorato fosse un problema nostro, ben più dello spread, dell’amministrazione controllata, del declassamento da parte delle agenzie di rating, della sostenibilità del nostro debito pubblico. Diamo tutto in mano a Salvini e se la veda lui, è la vulgata degli zingarettiani, quanto dei renziani, raccontano i ben informati.
Ecco: così fosse, ognuno si prenda il suo carico di responsabilità per aver concesso a Salvini quel che vuole: la possibilità di giocarsi la crisi dov’è più forte (nelle urne) anziché dov’è più debole (il Parlamento), di fatto consegnandogli in un sol colpo il governo e la prossima presidenza della repubblica. Il tutto, nascosti dietro un malcelato senso di giustizia e sovranità popolare – come se cercare una maggioranza alternativa in Parlamento fosse un delitto, in una repubblica parlamentare – che nasconde in realtà l’incapacità di fare politica sul serio e di prendersi la responsabilità di governare i processi.
Lo diciamo ancora più chiaramente: se si ritiene che Salvini sia pericoloso, che il suo legame con la Russia e con l’ultradestra americana sia inquietante, che un suo governo in solitaria possa far strame dei diritti umani per gli stranieri che vivono in questo Paese, che la sua sola presenza a Palazzo Chigi renda aleatoria la nostra presenza nell’Unione Europea, che farà dall’Italia una nazione simile all’Ungheria di Orban o alla Russia di Putin, allora è doveroso cercare una legittima alternativa alla sua ascesa al potere. Anche in Parlamento, dove oggi Salvini vale quanto il Pd e la metà dei Cinque Stelle. Dove oggi è possibile spedire la Lega e il Capitano all’opposizione senza colpo ferire.
Pensateci: abolizione immediata di tutti i decreti sicurezza. Ripristino di una gestione dell’accoglienza che riparta dagli Sprar e non dai grandi centri di detenzione. Fine delle armi libere per tutti. Ciao ciao legge Pillon sull’affido condiviso dei figli. Niente flat tax che toglie ai poveri per dare ai ricchi. Via quell’ignobile furto generazionale chiamato Quota 100. Niente guerre all’Europa e nessuno sforamento unilaterale dei parametri di Maastricht. Niente autonomie che creino un’Italia di serie A e una di serie B. Nessun presidente della repubblica sovranista.
Potremmo continuare, ma il senso è chiaro, cari leader del Pd, dei Cinque Stelle, di Forza Italia: se credete che esista un’alternativa al salvinismo, per governare il Paese, avete tutte le possibilità, oggi, per portarla avanti in Parlamento. La nostra Costituzione non solo ve ne da la facoltà, ma vi incoraggia a farlo. Se invece credete che resistere non serva a nulla, che l’ascesa di Salvini sia un processo inevitabile, che qualsiasi agenda alternativa sia sbagliata, che il popolo non capirebbe, che qualsiasi azione parlamentare sia “manovra di palazzo”, che in fondo sia più importante fare la conta delle vostre piccole truppe nel vostro piccolo orticello nel segreto delle urne, allora fate bene a cedere il passo al Capitano. Solo, allora, non abbiamo capito bene cosa facciate, quando dite di fare politica.
https://www.linkiesta.it/it/article/2019/08/09/crisi-governo-alleanza-pd-cinque-stelle-elezioni-salvini/43168/