L’atmosfera è quella che si respira nella stazioni ferroviarie: c’è chi va destra, chi a sinistra, e chi invece rimane. Si sa, quest’ultimi il più delle volte sono in minoranza, ma non per questo svantaggiati. Forza Italia non è mai stata così trafficati, così scoperta e vulnerabile. E mentre tutti gli occhi sono su Mara Carfagna, che pian piano sta rompendo le righe e maturando la sua uscita da Forza Italia, alle spalle di Silvio Berlusconi c’è chi concretamente sta pensando di formare un nuovo gruppo parlamentare. Oltre a chi ha preferito Italia Viva e coloro che hanno trasformato l’appiattimento sui sovranisti in adesione ideologica, c’è chi pensa a una nuova creatura, liberale e moderna, ormai per molti indispensabile. Per molti, ma non per il politologo e storico Giovanni Orsina, secondo cui il progetto deve esistere «ma non oggi, in quanto progetto di lunga lena e realizzabile solo a certe condizioni, grazie alle quali potrebbe avere delle chance».
Andiamo con ordine: crede che Mara Carfagna stia giocando una partita personale o farà nascere un nuovo centrodestra?
Non credo che ci sia un’alternativa fra le due cose. Insomma, possiamo rispondere di sì a entrambe le domande. Mara Carfagna ha un problema di collocazione personale, in quanto ha sempre incarnato l’anima più liberale di Forza Italia (basti pensare alle politiche per la famiglie, pari opportunità e via dicendo), quella centrista e su alcuni temi molto vicina alla cultura progressista. La politica sta cambiando molto velocemente quindi, se vogliamo dirlo con un battuta, anche lei si pone il problema di che cosa fare “da grande”: è naturale. Dall’altra parte, non c’è dubbio che di fronte a un centrodestra egemonizzato dai sovranisti ci possa essere una cultura liberale che cerca percorsi alternativi. C’è un problema politico-culturale, e uno (legittimo) di affermazione personale.
Questi percorsi alternativi non rischiano, in un futuro non troppo lontano, di schiacciarsi i piedi per la stessa mattonella di elettorato con Italia Viva?
A mio avviso no, anche se un problema simile c’è ma è molto più grande. No, perché comunque Renzi viene da una tradizione di sinistra e da un altro percorso: poiché le storie personali e politiche un senso ce l’hanno. È vero che sono due posizioni vicine, ma è vero anche che entrambe potrebbero avere le caratteristiche per distinguersi l’una dall’altra. Il problema vero è un altro: ovvero che l’area in questione è drammaticamente piccola. Il mio scetticismo di fronte a questi corteggiamenti è il fatto che si tratta di uno spazio elettorale piccolo. Se si compete per il 20 per cento, allora tutto sommato uno viene da un’influenza liberale e un altro da quella liberal, e salvo alcuni punti di contatto, c’è la possibilità per entrambi di differenziarsi anche sul campo elettorale.
Renzi a Linkiesta Festival ha detto che andrà in doppia cifra…
E buona fortuna a lui. Io penso invece che quella sia un’area da 5 per cento, o al massimo 6 o 7. Qui sorge un problema serio di rilevanza, che vale per Italia Viva ma a maggior ragione vale per la componente “antisovranista” di Forza Italia. Mara Carfagna, con tutto il rispetto, non ha lo standing di Matteo Renzi. In molti potrebbero dire che la forza politica di quest’ultimo è un asset negativo, tuttavia farsi sentire nello spazio pubblico della politica ai giorni d’oggi è difficilissimo e bisogna avere un’energia comunicativa e di rottura unica. Il caso di Salvini da questo punto di vista è emblematico. Non so se Mara Carfagna ne ha la forza.
C’è bisogno anche di un restyling in termini di programma e proposte se si vuole recuperare quei voti ormai in mano di Lega e Fratelli d’Italia…
Sì, ma secondo me non oggi. Questo è un progetto di lunga lena e solo a certe condizioni potrebbe avere delle chance. Oggi il duo Salvini-Meloni è troppo moderno: sono estremamente contemporanei, e non vuole essere un giudizio di valore ma un giudizio di fatto. Insieme come Lega e Fratelli d’Italia in fondo non sono mai stati veramente messi alla prova, questo è il punto: il concetto di rimettere in piedi un centrodestra moderato e liberale per riprendere i voti a Salvini e alla Meloni può avere un senso solo dopo che questi hanno governato, hanno fallito, non sono riusciti. Solo allora si riapre uno spazio politico. In queste condizioni non c’è un figura in grado di riprendere i voti, con un chiarezza comunicativa e di leadership così alta.
Neanche se i senatori uscenti di FI si affidassero alla guida di Renzi?
È la somma di due debolezza, non di due forze. Renzi ha talento politico da vendere, a mio avviso, ma la storia è quella che è: ha fatto degli errori molto gravi e il suo gradimento nell’elettorato è molto basso, anche in una parte importante del centrodestra. Non credo quindi che quello sia un matrimonio che possa portare figli: anche uniti possono arrivare al 6, massimo 7 per cento. Sarebbero lontani dall’essere protagonisti della scena attuale e soprattutto distanti anni luce dall’impensierire Salvini e Meloni. Almeno per ora.
Lei parla di domani, ma se si continua di questo passo da ininfluente Forza Italia rischia di diventare inesistente…
Lo capisco, ma ora cosa si può fare? Spaccando il gruppo di Forza Italia, una parte dei deputati andrebbe da Renzi, il che vuol dire finire dentro questa maggioranza di governo. Questo governo è un asset per quelli che scappano da FI? Qual è la strategia? L’unica possibile sarebbe quella di puntellare l’esecutivo e la legislatura con l’idea che così facendo ti crei un tuo spazio e cresci e con il passare del tempo fai sgonfiare i sovranisti. Questo, in realtà, era il disegno che ha portato alla nascita del governo Conte 2, ma mi pare un un disegno già morto e sepolto. È questo il punto.
Qual è allora una strada realizzabile?
A Forza Italia manca un leader. In Italia non si può far politica senza un capo forte: quello degli azzurri, il vero fuoriclasse, ha 83 anni. Berlusconi è l’unico tra i personaggi che si agitano nel panorama attuale che abbia statura storica: se Renzi è un asset negativo e la Carfagna si può dubitare che abbia doti carismatiche e comunicative sufficienti, allora manca un sostituto in grado di compiere questa operazione. Se a quest’assenza di leadership aggiungiamo che per compiere quest’operazione bisognerebbe sostenere un governo debole e impopolare come l’attuale, e che non si può sperare per il momento di intercettare gli elettori scontenti di Salvini e Meloni, che sono in piena ascesa, capiamo allora quanto sia difficile immaginare una manovra di rifondazione o creazione. Ovviamente, a meno che non la si attui in chiave residuale, per riuscire a ottenere qualcosa e cercare di continuare a contare qualcosa nel Palazzo
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